50° ANNIVERSARIO ASMI (1949-1999)
SESSIONE SCIENTIFICA
Diritti umani e biomedicina
L’impatto psicologico ed etico
dell’informazione sanitaria
di Emilio Mordini(*)
L’informazione sanitaria e il giornalismo medico
hanno e avranno un peso crescente nell’orientare le scelte dei cittadini
e le politiche nel settore della salute.
Naturalmente ogni epoca ha avuto la sua “informazione sanitaria”, e
la divulgazione delle teorie mediche si è sempre in qualche modo
sovrapposta anche a forme di pubblicità più o
meno palese, più o meno in buona fede. Tuttavia nella nostra epoca
il fenomeno ha assunto caratteristiche precipue e un’importanza completamente
diversa dal passato. Alla base di questo fenomeno ci sono sia ragioni che
appartengono al fenomeno della divulgazione scientifica più generale,
sia ragioni che si riferiscono specificatamente al giornalismo medico.
Tra le ragioni più generali almeno due vanno menzionate:
la diffusione e la popolarità del giornalismo di divulgazione scientifica,
la progressiva scomparsa di agenzie formative intermedie.
La fortuna della stampa scientifico-divulgativa risale alla fine dell’
Ottocento e conosce un rapido sviluppo nella seconda metà del Novecento.
In qualche modo si può dire che alla stampa scientifica popolare
è affidato il compito di realizzare il programma comtiano di sostituire
la scienza positiva alla religione. La secolarizzazione del mondo
occidentale è anche frutto di un massiccio bombardamento “ideologico”
che, attraverso un’ estrema semplificazione epistemologica, ha portato
le persone a ritenere che la teoria del big-bang sia meno metafisica del
primo libro della Genesi, che l’esistenza delle particelle elementari sia
meno controversa dell’esistenza degli angeli. Nel corso dell’ultimo
secolo si è costruito il “senso comune scientifico” dell’uomo occidentale,
che ha sostituito pressoché completamente la percezione religiosa
del mondo. La stampa e i mezzi di comunicazione di massa in genere sono
stati lo strumento che ha reso possibile questo processo. Provare a declinare
le varie forme con cui si è realizzato questo progetto (dal romanzo
“scientifico” alla Jules Verne, alla fantascienza degli anni ’50, alle
riviste scientifiche a larga diffusione, sino ai filmati educativi di Walt
Disney ) esula dai limiti di questo intervento, anche se ne è
voluto accennare proprio per evocare la complessità e ricchezza
del fenomeno. Avrebbe però torto chi ritenesse che la “scientifizzazione”
del mondo abbia realizzato su vasta scala un programma illuminista e liberale.
All’opposto la scienza, per divenire di massa, si è mitologizzata.
La scienza di cui parla la divulgazione, che è conosciuta dalla
maggior parte delle persone, è solo un nuovo mito fondativo, né
più vero, né più falso, né più razionale,
né meno, di tutti i miti precedenti. Né è uno
splendido esempio, proprio perché portato all’estremo come sono
tutti i buoni esempi, la parabola di quella setta americana conosciuta
con il nome di Scientology, che, da scuola “psicologica” si è trasformata
in religione, e che fu fondata, non è un caso, da uno scrittore
di fantascienza. La questione non è, ovviamente, solo quella della
correttezza dell’informazione (anche se a volte sono divulgate delle vere
e proprie stupidaggini) ma quella più generale del contesto. Un’informazione
giusta ma de-contestualizzata diviene inevitabilmente falsa, nel senso
che acuista un significato erroneo. Sono vittima di questo fenomeno soprattutto
le grandi teorie che, quando avulse dal loro contesto culturale, perdono
il senso di “interpretazione” di fenomeni e diventano ricettacolo di banalità
e falsità. Così la teoria atomica si trasforma in una pallina
da biliardo attorno cui girano ordinatamente delle palline più piccole
o la teoria dell’evoluzione si traduce nell’affermazione “che l’uomo discende
dalla scimmia”! E non si creda che questa trivializzazione e incomprensione
riguardi solo gli strati meno colti della popolazione: ben pochi, anche
tra i laureati in materie scientifiche, saprebbero veramente esprimere
in termini corretti l’essenza, ad esempio, delle due teorie appena citate,
che pure sono centrali nel paradigma scientifico contemporaneo. In questo
contesto di cattiva comprensione, di comprensione fatta attraverso
pochi e vuoti slogan, si inseriscono poi una miriade, un vero bombardamento,
di notizie, di “scoperte”, di informazioni provenienti dalle fonti
più disparate. Queste informazioni non sono ovviamente comprese
nel loro senso, ma sono stravolte e accrescono progressivamente la confusione
e l’ignoranza del lettore o dello spettatore, ignoranza che è resa
ancora più grave dall’essere totalmente inconsapevole, e dal mascherarsi,
anzi, spesso, da conoscenza. Si giunge molte volte a vere e proprie forme
di istupidimento, a ottusità resistenti ad ogni intervento: il senso
comune scientifico si sovrappone, allora, al “politically correct” (che
è il senso comune etico e politico) generando il cittadino ebete
che ogni Grande Fratello aveva sempre sognato.
Accanto al fenomeno della divulgazione scorretta, si colloca un fenomeno
non meno preoccupante: la scomparsa pressoché totale del ruolo formativo
delle strutture sociali intermedie, dalla famiglia, alla scuola, alle comunità
politiche, sindacali e religiose. Quello che era un tempo il principale
veicolo formativo, e non solo informativo, del giovane cittadino, occupa
oggi un ruolo sempre minore. Il giovane si trova direttamente a contatto
con una massa immensa di informazione (il caso della rete è esemplificativo)
senza che gli sia dato alcun criterio per distinguere e attribuire il corretto
valore. Il risultato è spesso quello che gli specialisti in guerra
dell’informazione conoscono bene: la sovrabbondanza, senza un criterio
di cernita, genera solo confusione e perdita delle conoscenze.
Per quanto concerne poi specificatamente l’informazione medica,
molte delle caratteristiche accennate per la divulgazione scientifica sono
qui addirittura estremizzate. In realtà, nel campo della salute,
la progressiva de-professionalizzazione di tutti gli operatori coinvolti,
tende sempre di più a creare un corto circuito tra utenti e fornitori
di servizi. Il medico di famiglia, i farmacisti, gli stessi informatori
farmaceutici (seppur con un ruolo diverso) si stanno trasformando in figure
prive di reale potere formativo e informativo. Sempre più spesso
i pazienti saltano ogni gradino intermedio e si rivolgono direttamente
a coloro che forniscono solo “l’assistenza tecnica”, siano essi gli specialisti,
le assicurazioni, le aziende, e quant’altri si collocano nel mercato della
salute alla ricerca di “clienti”. L’importanza progressiva dei farmaci
da banco, lo sterminato mondo dell’integrazione alimentare e dell’erboristeria
(che comprende spesso veri e propri farmaci camuffati), delle medicine
alternative, e, in Italia, il dramma del multitrattamento Di Bella, stanno
a testimoniare questo andamento complessivo che appare assai difficile
contrastare. Un po’ come è accaduto nel mondo della scuola di massa,
dove progressivamente maestri ed insegnanti hanno perso prestigio
e ruolo sociale, trasformandosi in baby sitter, o, nei migliori dei
casi, in testimoni muti di una formazione per gran parte estranea
alla scuola, le professioni della salute sembrano destinate a subire
un’involuzione profonda. I farmacisti si sono già trasformati da
tempo in venditori di giocattoli e profumi, così come da tempo i
medici di famiglia, costretti a mille peripezie burocratiche, non hanno
più tempo da dedicare alla professione. Come si forma, allora, la
coscienza dei cittadini che, pure, sono e saranno sempre più spesso
chiamati a decidere delle politiche sanitarie e delle grandi scelte di
politica scientifica (ad esempio, dell’uso alimentare delle biotecnologie)?
Se, come dicono gli anglosassoni, l’unico modo per assicurare processi
di governo nelle società pluraliste e multiculturali è quello
di promuovere public awareness di un problema, chi concretamente potrà
far ciò?
In questo contesto la funzione del giornalismo medico diventa cruciale.
Le sue responsabilità nell’orientare l’opinione pubblica sono e
saranno sempre maggiori. Ecco perché è indispensabile
che i giornalisti medici siano consapevoli del loro ruolo e sappiano assumerlo
con coscienza professionale. In questo senso è necessario anche
che essi si dotino di opportuni strumenti, quali linee guida, codici di
comportamento e procedure di peer review, per assicurare uno standard scientifico
ed etico ineccepibile. La stampa medica deve alloggiare in una “casa
di vetro”: solo così essa potrà essere uno strumento di vero
progresso e non di manipolazione delle coscienze.
(*) Istituto Psicoanalitico per le Ricerche Sociali
– Roma
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La sessione istituzionale
del 50° Anniversario ASMI (pubblicata sul n. 1/2000)
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