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Testata Asmi
FORUM P.A. 2002 (Fiera di Roma 6-10 maggio 2002)
Convegno in collaborazione con ASMI
"LA COMUNICAZIONE PUBBLICA IN SANITA'"

ALLEGATI


Informazione Sanitaria

Il bisogno di informazione come strumento indispensabile per fare scelte consapevoli nel campo della salute è un’esigenza che il cittadino sente in maniera sempre più chiara.
Recenti indagini hanno messo in evidenza come i cittadini  individuino nel medico di famiglia e nei media (rubriche televisive, inserti salute dei quotidiani, riviste specializzate) la fonte prioritaria di notizie riguardanti la propria salute.
Oggi i media hanno recepito questo crescente interesse del pubblico per l’informazione scientifica e sempre più spazio hanno concesso alla divulgazione di argomenti e problematiche che, anche in campi diversi, sono riconducibili a problemi di salute pubblica.
Il trasferimento dell’informazione scientifica dal ricercatore al pubblico, ad un pubblico sempre più informato ma in molti casi privo di una cultura di base che gli permetta di recepire appieno l’informazione, è il compito delicatissimo affidato al giornalista.
Il giornalista deve trovare, quindi, il modo più semplice, chiaro ed efficace per trasmettere la scienza, e per rendere il pubblico consapevole e responsabile di fare le giuste scelte in materia di salute. Tuttavia questa esigenza non sempre si accompagna ad una comunicazione all’altezza nonostante il rilievo che viene dato dai media a questi temi.
Infatti, in alcuni casi, l’esasperata pubblicazione di informazioni scientifiche che non vengono sufficientemente approfondite e non criticamente valutate può suscitare nel pubblico speranze nel tempo disattese, tumori ingiustificati, uniti a confusione e dubbi.
E’ vasto ed articolato l’insieme di norme e di presidi deontologici che regolano i rapporti fra mondo giornalistico, medicina, salute e diritti dei cittadini, in un contesto continuamente sottoposto a verifiche ed a prove in ragione dello sviluppo scientifico e dell’elevarsi dell’attenzione della pubblica opinione. Per tale motivo è da mettere in evidenza l’importanza della certezza delle fonti di informazione e di un corretto rapporto con il mondo della ricerca stessa.
E’ necessario, quindi, che il giornalista che voglia trattare notizie in ambito sanitario acquisisca  competenza in materia, anche attraverso specifici percorsi formativi o con la frequenza di corsi di formazione e aggiornamento finalizzati. E’ necessario altresì che i Direttori e gli Editori affidino l’approfondimento su argomenti di interesse medico, scientifico e sanitario a giornalisti particolarmente qualificati.
In quest’ottica va sottolineato il contributo di esperienza e professionalità che caratterizzano i giornalisti aderenti all’ASMI, l’Associazione della Stampa Medica Italiana, che è stata e rimarrà sempre, anche in futuro, un valido punto di riferimento per la realizzazione di una solida cultura scientifica.

Antonietta LEONI
Giornalista – (ASMI)
"Salute Europa"

“Specializzazione e integrazione”

Può sembrare una banalità, ma da quando il dicastero della Sanità ha assunto una nuova denominazione, la Salute è tornata ad essere il centro dell’interesse di molti. Salute intesa nel senso più ampio del termine, come “stato di benessere assoluto di tipo fisico mentale e sociale” (secondo una definizione dell’OMS). Queste le parole, anche se i fatti rimangono al di là di un mare di buone intenzioni tutto ancora da superare. Negli ultimi tempi la figura del paziente-cittadino sta risalendo molte posizioni nella classifica della sanità pubblica: non più numero ma persona, con una maggiore considerazione della sua globalità e assegnando il giusto peso alle singole patologie che lo possono affliggere. E’ forse questo cambiamento l’elemento veramente innovativo,l’unico in grado di scardinare un vecchio sistema basato sul mito della superspecializzazione e dell’approfondimento ultrasettoriale delle problematiche di salute del paziente. La corsa tecnologica che ha investito, forse più che in altri settori, il campo della ricerca biomedica mostra tutti i suoi limiti quando le viene richiesto di risolvere due grosse problematiche legate all’invecchiamento della popolazione: la gestione della patologia cronica e il mantenimento dello stato di salute. Da questo punto di vista aveva sicuramente meno problemi il medico condotto di una volta, costretto a vivere la storia clinica del paziente e obbligato ad avere una visione, per così dire, omnicomprensiva delle patologie che gli si presentavano; tale atteggiamento è andato progressivamente affievolendosi, soffocato dalla settorialità della medicina moderna e dalla pretesa, priva di un reale fondamento se considerata a lungo termine, di applicare rigide regole meccanicistiche di terapia. Una volta compreso che l’essere umano rappresenta qualcosa di più di un semplice involucro costretto ad uno sforzo di adattamento ambientale talvolta superiore alle sue capacità fisiologiche, sia la benvenuta una mentalità che accetta tutte le informazioni “verticali” e gli ausili tecnico-diagnostici che la biotecnologia può offrire: la pratica clinica di decenni fa, con tutto il suo intuito clinico, si mostra in deciso affanno se confrontata con la gestione attuale di un fatto acuto. I notevoli passi avanti compiuti dalla ricerca medica costituiscono un innegabile progresso in questo campo: ma se poi questa notevole massa di dati non viene ricomposta e conglobata in una figura unica, più a misura di paziente, vale a poco continuare a sfornare impeccabili linee-guida che, alla lunga, si rivelano una perdita secca in termini di farmacoeconomia e di salute sociale. La nascita di discipline quali la PNEI (psico-neuro-endocrino-immunologia) e il crescente ricorso al non convenzionale dimostrano oltre ogni ragionevole dubbio la necessità di un approccio al paziente che sia meno rigido e più globale. Ma integrazione non è solo interdisciplinarietà. E’ anche la capacità da parte del medico e del sistema sanitario nel suo complesso nell’utilizzare le conoscenze attuali per estendere l’intuito clinico di cui sopra oltre i limiti della patologia del momento, inquadrandola in un quadro fisiopatologico più ampio e complesso. Tanto per fare un esempio, è sicuramente necessario saper domare un incendio nel più breve tempo possibile, ma sarebbe molto meglio fare un passo in più e capire se con questo abbiamo effettivamente rimosso le cause che lo hanno prodotto. Anche perchè non sempre è disponibile un estintore adeguato.

Gino SANTINI 
Medico Giornalista  (ASMI)
(Istituto di Studi di Medicina Omeopatica, Roma)

Aspetti sociali del doping

La definizione del doping risulta alquanto difficile a causa dell’aspetto estremamente variegato del problema.
Alcune definizioni sono state proposte dal consiglio d’Europa, dalla Commissione Medica del C.I.O., per passare poi alla più recente, proposta dalla FIFA nel 1996. Il “The Oxford Dictionary of English Etymology” riporta il vocabolo “Dope” (precisando che è di origine USA) con significato primigenio di “fluido lubrificante” e aggionge che nel XIX secolo stava ad esprimere anche “oppio o altro genere di narcotico”. Dop era anche, storicamente, una bevanda eccitante, euforizzante che i pionieri olandesi trasmigrati sulle rive dell’Hudson impiegavano come energizzante ed antifatica. 
Ma la parola Doping riassume in sé un duplice significato antitetico, per un verso “attivo” nel senso di facilitare un’azione, e in altro verso “passivo” di intontire, annebbiare psichicamente. 
Le definizioni più esaustive di doping sportivo sembrano le seguenti:
1)ricorso a sostanze e pratiche stimolanti che esaltano momentaneamente il rendimento, prima o durante la gara (Chailley-Betri);
2)uso di artifizi atti ad aumentare il rendimento atletico nell’imminenza o nel corso delle gare (Forni);
3)utilizzazione di sostanze o mezzi destinati ad aumentare artificialmente il rendimento di un atleta durante una competizione, con pregiudizio dell’etica sportiva e dell’integrità psico fisica dell’atleta;
4)preparazione innaturale, artificiosa, antifisiologica, non biologica dell’atleta alla competizione. (Questa definizione che corrisponde all’angolo di visuale più strettamente medico è quella enunciata dal Primo Colloquio Europeo sul Doping a Ginevra).
In sintesi, oggi, per doping si intende “ogni tentativo non fisiologico di aumentare le capacità fisiche e psichiche dello sportivo o di trattare disturbi o lesioni, quando non giustificato sul piano medico, per il solo scopo di prendere parte alla competizione, impiegando per autosomministrazione o prescrizione una sostanza dopante vietata, quale che sia la persona che abbia preso l’iniziativa, atleta o altro, prima o durante la competizione”.
Tutti sanno che gli uomini hanno da sempre cercato di aumentare le proprie prestazioni psico-fisiche in modo artificiale. Nei tempi antichi facendo ricorso a sostanze vegetali contenute in alcuni funghi o piante particolari, attualmente ricorrendo a mezzi proposti dalla moderna farmacologia che ha prodotto sostanze atte a curare malattie talora gravi, ma che in talune circostanze creano effetti positivi sulla prestazioni fisiche dei soggetti sani.
Il primo ad essere “beneficiato” dall’uso di sostanze illecite è senza dubbio l’atleta che vede la propria prestazione assumere proporzioni notevoli, a tutto vantaggio della carriera, dell’immagine e della gratificazione pecuniaria, insomma il vile denaro. Ma giova anche al tecnico, le cui quotazioni, nell’ambito della borsa sportiva, si spingono verso l’alto; e giova al dirigente di società e di federazione che, com’è noto, traggono vantaggi non indifferenti. Giova anche al medico sportivo che si presta a tali pratiche, non solo dal punto di vista professionale ma anche per il solito ritorno economico. E giova anche alla stampa, sempre alla ricerca di spunti di grande richiamo per fare notizia.
Il giornalista scientifico che occupa le pagine della cosiddetta medicina divulgativa dovrebbe concorrere ad adoperarsi per diffondere le nozioni di pericolosità e di slealtà nel ricorso del doping, per migliorare la performance sportiva in campo, informando correttamente i giovani che si accingono ad abbracciare una disciplina sportiva sui danni d’organo, spesso irreversibili ai vari apparati provocati dalle sostanze proibite energizzanti.
Certamente dovrebbe insistere sull’aspetto culturale, informativo di prevenzione, fornendo più dettagliati riferimenti sulle terribili conseguenze che le pratiche dopanti comportano: collassi cardiaci, scompensi ormonali, tumori, deformazioni dello scheletro.
Si deve portare a conoscenza di tutti che l’assunzione di sostanze farmaceutiche a scopo di attuare il miglioramento di una prestazione è un atto grave contro la morale sportiva, poiché contraddice alla base il principio secondo cui ciascuno debba gareggiare secondo le proprie capacità, acquisite attraverso i sacrifici imposti da un duro e corretto allenamento e da un adatto stile di vita.
Ricorrere al doping costituisce un’infrazione, un delitto sportivo, da perseguire in sede disciplinare o addirittura legale.

Francesco Maria MANOZZI
Medico – Giornalista  (ASMI)

 

La Stampa e il Tabacco

La peggiore piaga degli ultimi 50 anni, la prima causa di morte evitabile. Sono definizioni dell’OMS che riguardano il consumo di tabacco. 

Senza voler fare catastrofismo a buon mercato i dati sulla mortalità correlata sono inequivocabili ed esprimono bene la magnitudo del problema: 4.000.000 l’anno nel mondo, 400.000 in Europa, 90.000 in Italia. Se rapportati ai 30.000 decessi da alcol e ai 1.100 da oppiacei, i 90.000 da fumo sono davvero tanti, troppi per non parlare di necessità e di urgenza di intervento principalmente da parte delle istituzioni e delle autorità preposte alla tutela della salute. In questo modo si era espresso il Piano Sanitario Nazionale 98-2000, confermato dall’attuale 2002-2004 in cui troviamo l’approccio agli stili di vita fra i 10 punti fondamentali di intervento nel miglioramento dello stato di salute della popolazione.
I programmi di controllo del Tabagismo vedono assolutamente coinvolti gli organi di informazione. Essi si collocano ad un livello di intervento primario, nella modifica degli atteggiamenti sociali e nel creare un clima generale di consapevolezza nella prevenzione delle malattie da dipendenza. Va tenuto conto del fatto che nel 1999 il DSM IV, il manuale di riferimento della Psichiatria mondiale, ha inserito il Tabagismo proprio tra le patologie da dipendenza. Nello stesso anno in Italia nasce la SITAB, Società Scientifica di Tabaccologia, che aggrega i maggiori specialisti che in Italia si occupano di ricerca e formazione nell’ambito dei problemi Fumo-correlati. Da quella data anche le terminologie sul tabacco vengono ridimensionate. Non si parlerà più ad esempio di “vizio” ma di dipendenza, non più di “metodi per smettere di fumare”, ma di prevenzione e terapia del tabagismo.
Tutto ciò è solo l’inizio di una rivoluzione culturale che vede la Stampa in primo piano, per appropriatezza e correttezza dell’informazione, lungi da vizi culturali che hanno bollato la lotta al Tabagismo di terminologie inopportune come “terrorismo” psicologico e “ghettizzazione” dei fumatori. In funzione di tali fobie fantasmatiche, molta informazione è stata omessa o trasmessa in modo improprio offrendo sui media, e persino su riviste dirette ai professionisti della salute, la parola a sedicenti rappresentanti di associazioni di cui è noto il sostegno da parte dei produttori del tabacco che in questo modo continuano a promuovere l’immagine del fumatore.

Perciò la Società Italiana di Tabaccologia intende stabilire un proficuo rapporto di collaborazione con l’Associazione Stampa Medica Italiana, perché la giusta informazione in Sanità parta proprio dalla stampa specializzata.

Dott. Giacomo MANGIARACINA
Presidente nazionale SITAB
Direttore della rivista “Tabaccologia”

PROTOCOLLO D’INTENTI

TRA L'ASSOCIAZIONE STAMPA MEDICA ITALIANA (ASMI)
e
L'ASSOCIAZIONE  BIBLIOTECARI DOCUMENTALISTI SANITA’ (BDS)

In data 10 maggio 2002 le due Associazioni impegnate sul fronte del diritto all’informazione agli operatori, ai cittadini e ai pazienti stipulano il presente protocollo d’intenti: 

Premessa
Le attività d’informazione sono di natura complessa e coinvolgono l’osservanza di norme deontologiche ed etiche. Ciò è particolarmente evidente in ambito sanitario. Pertanto, la legge 7 giugno 2000, n.150 è giustamente intervenuta per dettare una regolamentazione del funzionamento di servizi ed uffici che svolgono attività d’informazione al pubblico, stabilendo la presenza in  alcuni settori di personale professionalmente qualificato e un’adeguata formazione. 

Motivazioni
L’Associazione Stampa Medica e l’Associazione Bibliotecari Documentalisti Sanità-SSN intendono cooperare per indirizzare in azioni efficaci i contributi provenienti da diversi professionisti  coinvolti nella gestione dell’informazione biomedica. Ravvisano, inoltre, la necessità che, anche a livello normativo, vengano identificati tutti i soggetti che intervengono nel complesso processo dell’informazione, garantendo all’interno di tali settori la gestione professionale e la formazione permanente richiesta dall’uso di tecnologie avanzate. 
Particolarmente delicate e significative sono quelle attività di informazione a diretto contatto con il pubblico, svolte anche attraverso l’utilizzo di diversi media e tramite Internet, spesso in assenza di qualsiasi regolamentazione e di norme a tutela del buon funzionamento:
· uffici stampa 
· uffici relazioni con il pubblico
· biblioteche scientifiche e centri di documentazione
· uffici formazione
· informatica sanitaria
· telemedicina
· altri settori operanti nell’ambito dell’ informazione e comunicazione 

Finalità
Con il presente protocollo s’ intende, dunque, iniziare a costituire, a partire dalle due Associazioni firmatarie, una sede permanente di confronto tra  diversi  professionisti dell’informazione al fine di promuovere iniziative comuni  per garantire un approccio insieme unitario e specialistico al trattamento ed alla diffusione dell’informazione sulla salute. La buona informazione sanitaria è, infatti, fondamentale per la realizzazione piena del consenso informato ai trattamenti sanitari e per il rapido trasferimento delle conoscenze cliniche a garanzia della qualità, dell’efficacia, dell’economicità e dell’uniformità delle prestazioni su tutto il territorio nazionale. Tali obiettivi possono essere realizzati attraverso lo sviluppo di sistemi informativi integrati e solo con  la partecipazione delle diverse figure professionali interessate nei processi  di produzione, gestione, e diffusione dell’informazione. 
 
Il Presidente dell’ ASMI
Mario Bernardini
Il Presidente del BDS
Gaetana Cognetti *

*Al  presente protocollo aderisce anche  l’ Osservatorio del Lavoro dell’ Associazione Italiana Biblioteche (AIB)  di cui il firmatario BDS  è membro effettivo.



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