FORUM P.A. 2002 (Fiera di Roma 6-10 maggio
2002)
Convegno in collaborazione con ASMI
"LA COMUNICAZIONE PUBBLICA IN SANITA'"
|
Roberto SALVIO
Direttore Regionale Comunicazione Istituzionale
Regione Piemonte
Cercherò di guadagnare il consenso del pubblico
accogliendo, a mia volta, la proposta fatta da Aiazzi.
Avevamo preparato una serie di slides per quello che
attiene alle campagne di comunicazione istituzionale in materia di sanità,
che come Regione Piemonte abbiamo portato avanti negli ultimi tempi.
Se volete, mentre vi parlo su alcuni spunti che ho preso
dal dibattito, possono essere mandate in video in continuo.
Non le commento, ma può srvire per far vedere
qualche cosa e per vivacizzare l'ambiente. (1)
Credo sia giusto lasciare spazio al dibattito perché
da questa Tavola Rotonda, di cui ringrazio i promotori, sono nati tali
e tanti spunti, non sempre coincidenti e non sempre coordinati nel senso
che si è parlato di tutto, per cui è difficile approfondire
qualcosa.
Sull'applicazione della legge 150 potremmo fare tranquillamente
giornate di convegni e di dibattiti e probabilmente verranno anche fatti
perché l'applicazione della 150 comporta chiaramente dei problemi
anche molto delicati, come è anche emerso in alcuni degli interventi.
Applicarla non sarà facile né il percorso
sarà agevole e breve.
Solo per ulteriore informazione aggiungerei che, tra
l'altro, sulla 150 non va dimenticato che le Regioni non hanno dato il
consenso alla attuazione della direttiva di applicazione.
Quindi, in questo momento, paradossalmente, siamo in
una situazione in cui c'è una legge nazionale la cui direttiva dovrebbe
consentirne l'applicazione a livello di Enti Locali (province e comuni),
di ASL, ma non di Regioni perché, in termini di Conferenza dei Presidenti
delle Regioni, non hanno dato il consenso.
A questo punto abbiamo come riferimento una legge che
il Parlamento ha varato e che vale su tutto il territorio nazionale delegando
alle Regioni stesse il compito di attuarla con propri atti legislativi.
In questo senso alcune Regioni sono già avanti,
hanno già affrontato e studiato il problema però con l'autonomia
che ogni realtà regionale possiede nell'applicazione anche di modelli
organizzativi che possono attenersi ai principi della 150, ma possono calarsi
meglio nelle situazioni e nelle realtà locali.
Sono stato particolarmente stimolato dalla molteplicità
dei temi toccati.
Il collega Aiazzi, che dirige una vera struttura di comunicazione
istituzionale, lo è stato forse in modo diverso perché. Infatti,
anche se la terminologia è identica, all'interno della mia struttura
di comunicazione istituzionale opera anche l'ufficio stampa, per cui nella
Regione Toscana e nella Regione Piemonte abbiamo due situazioni abbastanza
disomogenee, organizzativamente parlando, due situazioni professionalmente
da affrontare in termini diversi.
Colgo solo alcuni brevissimi spunti, che non commento,
solo per dire su cosa convengo e su che cosa non del tutto.
Ad esempio convengo sul fatto che, comunque, e lo dico
da giornalista, nel mondo giornalistico esiste ormai chiaramente e diffusamente
una voglia di scandalismo nei confronti della sanità, e su questo
non c'è dubbio.
Qualcuno ha citato la regola delle tre "s" (soldi, sangue,
sesso n.d.r.), potrei dire anche la regola che fa notizia solo l'uomo che
morde il cane ed è davvero così. Nelle redazioni giornalistiche
una notizia positiva sul mondo della sanità vede la luce solo se
è uno straordinario intervento scientifico innovativo, ma è
impensabile che passi una notizia di ordinaria buona sanità.
Con questo non voglio fare il difensore d'ufficio della
sanità; come cittadino e come utente anche io ho visto, verificato,
vissuto degli episodi di non perfetto funzionamento della macchina sanitaria
e sono il primo a poterlo denunciare per il Piemonte come per qualsiasi
altra Regione poiché, ahinoi!, per questi aspetti la realtà
è abbastanza omogenea sul piano nazionale.
Però non c'è ombra di dubbio che dal punto
di vista dell'informazione immediata (parlo di giornali e non di altro
tipo di informazione) c'è questa inevitabile tendenza a che la notizia
che interessa il pubblico, non si capisce chi lo abbia stabilito come regola
generale comportamentale del mondo giornalistico del terzo millennio, è
tale solo se c'è scandalo.
Non sono così convinto che questa sia una regola
aurea della pubblica opinione, ma forse i rappresentanti dei consumatori
possono più autorevolmente di me avere uno spaccato della situazione
reale; io sono convinto che la gente, in qualche caso, possa essere anche
interessata a descrizioni oggettive di situazioni non necessariamente negative.
Un'altra considerazione sull'Ufficio Stampa: non c'è
dubbio che ogni ASL abbia, o debba avere, un Ufficio Stampa e non c'è
dubbio che il problema dell'autonomia dell'ASL, che ovviamente va salvaguardata
e tutelata, dovrebbe in qualche modo trovare dei momenti di riferimento
organizzativo, comportamentale, di impostazione nei discorsi generali di
comunicazione della Regione nella quale si trova ad operare. La mancanza
di questo coordinamento, secondo me, dal punto di vista informativo ed
occupazionale (li metto assieme tutti e due), crea inevitabilmente degli
squilibri addirittura non tanto e non solo tra regione e regione, ma tra
provincia e provincia, tra ASL e ASL.
E’ un valore che si può anche facilmente recuperare
con un po' di buona volontà.
Quello che io pavento è che gli Uffici Stampa
negli anni cinquanta erano famosi per le vignette, sul fatto che l'ufficio
stampa era sostanzialmente il portaborse del potente di turno, del sindaco,
del presidente della provincia, del presidente della regione, e così
via.
Vorrei si potesse evitare che, nel terzo millennio, l'ufficio
stampa dell'ASL diventasse il portaborse del direttore generale dell'ASL.
Credo fermamente, da sempre, in un Ufficio Stampa che
abbia un compito istituzionale; non mi appello a cose che non esistono,
tipo l'obiettività dell'informazione, ma quanto meno credo ad una
funzione istituzionale del comportamento informativo di una struttura pubblica
preposta a questo compito.
La credibilità che questo ufficio può conquistarsi
in questa logica può migliorare se non altro il rapporto fiduciario
che può e deve stabilirsi nel quotidiano anche con le redazioni
giornalistiche.
Cominciamo a pensare che anche le ASL possono uscire
da questa impasse, identificando accanto a strutture di comunicazione e
informazione, la figura del portavoce.
Se il meccanismo è che ci deve essere un'informazione
personalizzata, di un dominus, chiunque esso sia, politicamente rilevante
o amministrativamente rilevante, credo che a quel punto è meglio
la figura del portavoce che la stratificazione di falsi uffici stampa che
in realtà si assommano uno all'altro. Va ricordato come tanti anni
fa ci trovavamo alle prese con situazioni di amministrazioni pubbliche
in cui il cambio repentino del presidente proponeva semplicemente la sovrapposizione
o la cancellazione di strutture che avevano lavorato.
Moderatore
Ringrazio i dottori Aiazzi e Salvio per il loro contributo
che ha portato l’esperienza maturata dalle due Regioni, Toscana e Piemonte,
e la valutazione nei confronti di una disposizione che, per il regolamento
di attuazione non ha avuto il formale assenso dell’Organo rappresentativo
delle Regioni.
Il problema del quale ci siamo voluti occupare oggi è
quello della comunicazione pubblica in sanità e quindi ritengo utile
sentire quale è il ruolo dell'Ufficio Stampa quando nell'ufficio
stampa è impegnato un professionista della comunicazione a prescindere
dal fatto che si tratti di Regione o di ASL o di azienda Ospedaliera o
di altra struttura sanitaria, pubblica o privata, perché, a mio
parere, la corretta informazione e comunicazione in campo sanitario non
riguarda soltanto il servizio pubblico. Mi aspetto che chi opera in tale
struttura assolva al ruolo del giornalista che non fa soltanto cronaca.
Questo è il punto.
Se chi lavora nell’Ufficio Stampa riferisce soltanto
fatti di cronaca, se parla soltanto di quello che succede in quella ASL,
in quell’ospedale, può dare anche spunti per alimentare la ‘malasanità’:
c'è un caso di errore umano, c'è un caso di macchina che
non funziona, c'è un caso di cattivo approvvigionamento, c'è
un caso di illecito amministrativo nell'acquistare prodotti o nel pagare
i fornitori e così via: tutto questo può essere cronaca.
Però – e qui interviene anche la necessità che per chi opera
negli uffici stampa e negli URP della sanità sia prevista
una formazione specifica di competenza sanitaria e di informazione
medico-scientifica - a tutto questo si deve aggiunge che chi riferisce
di ‘sanità’, bene comune di tutti i cittadini, di ‘salute’, che
nella collettività deve essere garantita come bene comune
e del singolo, malato o persona che vuole conservare la salute, deve essere
in grado anche di comunicare che cosa quella struttura, pubblica o privata,
è in grado di offrire con appropriatezza di termini e con completezza
di dati anche di contenuto tecnico e scientifico.
E questo che trasforma il fatto che non è più
notizia, cronaca di una notizia, ma diventa informazione.
Questo, secondo me, è il passaggio che mi aspetto
dal Regolamento della Legge 150 nella prospettiva di Corsi di Formazione
e di Corsi di Aggiornamento per chi dovrà essere giornalista e comunicatore
della Pubblica Amministrazione Sanitaria.
Nello specifico, visto che la legge 150 (lo abbiamo sentito)
parla di Corsi per ‘sanare’, direi meglio ‘abilitare’, chi già opera
in queste strutture, è il sistema utile per toglierli dal ruolo
di portaborse, o come li vogliamo definire, ma li fa diventare dei veri
comunicatori, competenti e conoscitori di quelle che sono le risorse messe
a disposizione della collettività e della singola persona.
Questa, secondo me, è la chiave di volta per cui
credo che da questo convegno possa venire la richiesta pressante a far
sì che per la sanità la Pubblica Amministrazione dedichi
una parte di quella preparazione, di quella formazione per chi dovrà
operare in queste strutture alla conoscenza di specifici contenuti d’interesse
sanitario, medico scientifico, delle terminologie da usare, come ho detto
prima, per non rendere il parlare difficile da comprendere, ma per renderlo
qualitativamente accettabile, comprensibile e tale da facilitare e rendere
fruibili i servizi offerti da chiunque ne abbia necessità.
Faccio un esempio: arrivare a potere offrire un'attività
anche di servizio, che, partendo da un fatto di cronaca in cui si
parli di ‘anemia mediterranea’ consenta di avere un minimo di conoscenza
di sinonimi come ad esempio ‘microcitemia’ e di sapere dove è
ubicato un centro specializzato per la diagnosi e il trattamento: se c’è
nella mia ASL e se non c'è, dove rivolgersi a livello comunale,
o provinciale, o regionale, o addirittura a livello nazionale. Anche io
ho l’impressione che l'informazione stia diventando sempre più un'informazione
‘mascherata’, di ‘portaborse’, di ‘marketing’.
Vedere un telegiornale, ascoltare un giornale radio,
leggere un quotidiano o un periodico, significa quasi sempre avere citazioni
di qualcuno che viene ripreso perché ha un ruolo politico o perché
ha un ruolo preminente nell'ambito della società.
Proviamo a dare più spazio anche a qualche ‘benpensante’.
Torno al Convegno e vorrei concludere, prima della discussione,
con l'esperienza pratica di un giornalista, Il dott. Pasquale Di Benedetto,
addetto stampa di una ASL, che lavora sul campo e che ha preparato anche
un opuscolo su quello che fanno nella loro realtà territoriale. |