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Testata Asmi

FORUM P.A. 2002 (Fiera di Roma 6-10 maggio 2002)
Convegno in collaborazione con ASMI
"LA COMUNICAZIONE PUBBLICA IN SANITA'"

Ivano GIACOMELLI
Segretario Nazionale Centro per i Diritti del Cittadino

La ‘Carta’ dei diritti del cittadino 
e l’informazione in sanità pubblica

Un saluto a tutti, ringrazio gli organizzatori e un particolare ringraziamento lo rivolgo al dottor Bernardini per una serie di ragioni, prima fra tutte perché riesce a fare sempre cose interessanti e soprattutto mi stimola molto perché ha il coraggio del confronto e quindi al tavolo chiama sempre operatori qualificati che non dicono tutti le stesse cose, ma permettono alla platea di ragionare sulle cose che si dicono.
Gli spunti di oggi sono molteplici, io ho cercato di calarmi in una o più possibili risposte rispetto alla centralità del tema che il dottor Bernardini ha posto con questo incontro e ho cercato di calare soprattutto la realtà che noi rappresentiamo, quella di un'associazione di consumatori e di utenti e quindi di soggetti che stanno "dall'altra parte della barricata", di coloro che ricevono un servizio e che in questo caso, oggi, ricevono anche un'informazione.
Ho cercato quindi anche di tentare di analizzare il problema ponendomi sotto i diversi aspetti di questo tipo d'informazione.
Ho cercato, anche se in maniera ingenua, di fare una specie di catalogo di questo tipo di informazioni, e per prima qualificherei l'informazione come informazione di carattere scientifico, e tratto per primo questo aspetto in quanto sono convinto che in sanità ci sono tanti e troppi interessi e l'informazione scientifica in sanità è  un elemento estremamente delicato; esiste la necessità che vengano poste anche regole nuove. Sono circa tre anni che chiediamo al Ministero di costituire una Commissione che prenda in esame le nuove regole sull'informazione scientifica, chiedendo soprattutto che all'interno di questa Commissione venissero individuati i soggetti dell'intero quadro degli interessi in maniera molto serena, che quindi ci fossero rappresentanze delle associazioni di consumatori che sono poi soggetti che debbono ricevere questa informazione, se non altro per individuare quelle regole di carattere generale che vadano a ricostruire il senso etico. Io ho sentito più volte oggi usare il termine "etica". Mi sono chiesto, e lancio anche a voi questo elemento di riflessione, se l'etica significa un insieme di valori condivisi, se ci sono elementi di discussione e di riflessione, il che vuol dire che questo insieme di valori condivisi, che oggi dichiariamo tali, forse non sono così condivisi e che quindi bisogna ricominciare a riconoscere quali sono questi valori che ci accomunano, a cui poter dare un significato etico a un determinato comportamento.
L'altro tipo di informazione, che riguarda più propriamente la nuova figura di ufficio stampa della pubblica amministrazione, è quella che riguarda l'informazione per quanto riguarda i servizi, le attività che vengono svolte da quella determinata pubblica amministrazione; uso anche un termine un po' forte e un po' provocatorio, sostanzialmente un'attività di marketing perché oggi le pubbliche amministrazioni, con il progetto di aziendalizzazione, si pongono come un sistema di imprese e lo dico senza volere demonizzare questo termine, nel senso che all'interno del mercato c'è chi vende un prodotto, e prima di tutto lo offre, la pubblicità è l'anima del commercio e quindi presentare bene un prodotto è anche dal punto di vista del consumatore una utilità, perché l'insieme di informazioni più o meno corrette danno comunque ad un cittadino accorto e attento la possibilità di vagliare e quindi di scegliere quanto meno consapevolmente.
L'altro aspetto di questa figura riguarda il tema molto trattato negli interventi precedenti della cosiddetta malasanità. In questo caso la funzione di questa nuova figura è l'informazione di risposta, cioè limitare i cosiddetti danni all'immagine che vengono prodotti da queste azioni di malasanità.
Su questo punto io vorrei spendere alcune parole. Quando si parla di malasanità in questi incontri, viene dato un termine negativo al fenomeno sociale. Come diceva il professor Del Barone c'è una esagerazione della notizia di malasanità; quando si parla di malasanità si pone soprattutto l'accento alla presunta esagerazione di alcuni fatti, che secondo l'opinione vengono rappresentati e ingigantiti rispetto a una percentuale meno importante e meno rilevante.
Noi che stiamo dall'altra parte in maniera attiva, siamo i cosiddetti produttori di informazione, perché non va nascosto che storicamente (e poi mi permetterò di riprendere una riflessione poiché il dottor Bernardini mi ha sollecitato a richiamare Internet e volevo sollecitare qualcosa in materia) le associazioni di consumatori avevano due grandi strumenti per far valere la loro posizione: lo strumento giudiziario e lo strumento dell'opinione pubblica, non essendo le associazioni di consumatori partiti politici e quindi non raccogliendo il consenso dal punto di vista elettorale aveva soltanto questi due strumenti, per cui lo strumento forte era quello dell'uso dei mass media per sollevare un determinato problema, utilizzando quelle tecniche che sono tipicamente dei giornalisti. Noi abbiamo imparato con gli occhi – come si soleva dire una volta – vedendo quello che i giornalisti di cronaca facevano, un caro amico giornalista mi diceva ai tempi in cui imparavamo la professione, la notizia ha valore quando ha le cosiddette tre "s": sesso, sangue e soldi. E quindi le associazioni avevano la necessità di calcare sulla notizia di cronaca per poi arrivare nel ragionamento e portare a una posizione di natura politica sociale. Io ricordo che per anni noi abbiamo sollevato la questione del funzionamento di un determinato reparto in un ospedale romano, andando nel silenzio più assoluto, una volta capitò che una signora, andando in questo ospedale ha fatto una mammografia e poiché aveva una protesi al seno la mammografia ha rotto la protesi e poiché era una bella notizia di cronaca ha bucato e così, grazie a questo ponte, abbiamo potuto portare l'opinione delle associazioni rispetto ad alcuni elementi di prevenzione che avevamo necessità di sottolineare. 
Tutto questo è cambiato perché, come tutti i processi, arrivano a saturazione, chi riceve l'informazione deve tradurla in un'informazione che va sul mezzo stampato, comincia a saturarsi di questo modo di fare, ci sono associazioni di consumatori che hanno perso gran parte della loro visibilità proprio perché hanno capito tutti quanti che stanno sulla moda, per cui qualunque cosa succede fanno la denuncia, poi non si sa mai che fine fa la denuncia, però intanto escono sulla stampa. Questa cosa ha saturato un po' il sistema, soprattutto non ha dato più risposte alle organizzazioni come le nostre, che invece vogliono cercare di incidere concretamente sul problema. E soprattutto è venuto fuori uno strumento straordinario, che è quello di Internet, che, è vero è un oceano senza regole, dall'altra parte però permette alle organizzazioni come le nostre, di poter veicolare le informazioni senza barriere di carattere tecnico-professionale o quant'altro. E questo era lo spunto per l'elemento di riflessione perché le associazioni stanno sempre più abbandonando l'attenzione rivolta alla stampa classica (giornali, radio, televisioni), lo vedo perché non è un processo che capita solo nella nostra organizzazione ma anche nelle altre organizzazioni, i nostri pseudo-uffici stampa (lasciatemi passare il termine, ma anche noi abbiamo bisogno di etichettarci in qualche modo), si vanno sempre più indebolendo come presenza di persone che sono dedicate a questa attività e sempre più rafforzando il sistema che riguarda la gestione dei siti Internet e dell'informazione attraverso questo strumento, proprio perché ti dà la possibilità di porre il problema senza utilizzare altre scorciatoie.
Tornando al problema della malasanità, io ci tengo a sottolineare un aspetto, che rischia di farci non valutare correttamente la portata di ciò che rappresenta dal punto di vista sociologico. 
Volevo esporre dei dati che mi sembrano molto significativi, che riguardano un'esperienza nel Lazio; da due anni a questa parte, sette associazioni di consumatori, tra cui CODICI, hanno costituito degli sportelli del cittadino. Abbiamo preso in esame e recentemente abbiamo presentato alla stampa i dati raccolti su segnalazioni ricevute da cinque sportelli. 
Dei cinque sportelli, tenuti da cinque associazioni, solo due sono  associazioni che si occupano in maniera prevalente di sanità, una è Codici e l'altra associazione è Focus.
Dalla disaggregazione dei dati nel parametro dei due anni che abbiamo preso in esame, (il quarto trimestre 2000, l'anno 2001 e il primo trimestre 2002), per entrambe le associazioni la voce ‘diritti del malato’ è la seconda voce in assoluto. La prima voce è il commercio (parliamo di associazioni di consumatori, quindi è logico che la maggiore informazione, per di più veicolata su cinque organizzazioni sia la più alta, quella del commercio); la seconda voce di segnalazione è quella dei diritti del malato.
Abbiamo annotato 303 segnalazioni in tre mesi. 
Questo quanto meno può significare che da parte del cittadino c'è la percezione di una profonda insoddisfazione, che di solito ci si aspetta dal Servizio Sanitario. E uso questo termine per dire, e anche per sfatare questo aspetto, quando si parla di malasanità non si parla solo ed esclusivamente di errori dei medici, sembra che esistano solo quelli.
Quando arrivano le segnalazioni arrivano non soltanto errori medici che 
trovano, tutto sommato, una forma di tutela perché se c'è un errore medico che ha determinato un danno si va in causa. 
La maggior parte delle segnalazioni che trovano poco riscontro e poca efficacia sono quelle che riguardano il cattivo funzionamento in generale dei servizi sanitari: per esempio i tempi di attesa o anche l'informazione scientifica negativa. (Il presidente Del Barone parlava prima del Lipobay). 
Il problema è che, rispetto a questo tipo di cattiva informazione, i cittadini non hanno uno strumento di difesa. Stavo prima pensando se era applicabile la disciplina della concorrenza sleale e della pubblicità ingannevole perché, con tutte le riserve che ci sono, comunque esiste un quadro normativo. 
È un campo su cui lavorare e su cui ragionare.
La verità è che nell'organizzare il servizio sanitario tutto avviene sostanzialmente tra due soggetti: tra l'amministrazione e le rappresentanze dei lavoratori o di categorie professionali, dove la pubblica amministrazione, ancora investita dei concetti ottocenteschi, si arroga il valore di imparzialità e quindi di rappresentanza della generalità, cosa che non è assolutamente vera.
A maggior ragione oggi che, col processo di aziendalizzazione, la pubblica amministrazione è un soggetto per il quale, nel momento in cui si vanno a prevedere delle discipline di carattere generale che debbono regolare questo tipo "di mercato", è necessario che sia rappresentato anche un terzo soggetto, e cioè i consumatori.
Abbiamo anche una legge in tal senso, per quanto criticata, la 281, che riconosce le associazioni di consumatori e quindi c'è la possibilità di avere un interlocutore serio, credibile perché deve avere un numero di requisiti (28.000 iscritti in Italia, la presenza di almeno 5 regioni), comunque elementi di solidità e non di improvvisazione.
E’ necessario che questo soggetto scenda in campo proprio per far sì che le soluzioni regolamentari che si vanno a individuare siano effettivamente rispettose e rispondano agli interessi e ai bisogni delle parti che entrano in gioco in questo mercato.
Quale strumento? L'esperienza britannica aveva portato, e noi l'abbiamo raccolta, quella della ‘carta dei servizi’.
Soltanto che questo strumento è stato fatto, permettetemi di dirlo, all'italiana. 
In realtà le carte dei servizi sono state proposte con la stessa logica del suddito. 
L'amministrazione, ma non tanto l'amministrazione centrale, che pure avrebbe ragione di calare delle norme di carattere generale (Parlamento o anche la cosiddetta alta amministrazione), ha fatto applicare le carte dei servizi a livello locale, a livello di quella singola struttura che deve erogare il servizio, per cui è successo che dietro l'indicazione generale sui tempi di attesa che dovevano essere al massimo di otto giorni, se vai a vedere le carte dei servizi e i tempi di attesa delle prestazioni dopo la verifica, sono di 60 giorni, per cui, successivamente, ne hanno fissati 90 per stare sicuri.
Questo è quello che è accaduto. Questo non è un patto, questa è una concessione a un suddito che ha avuto l'effetto che ha avuto, cioè è rimasta carta inattuata. Se vogliamo che questo fenomeno che conosciamo noi oggi di malasanità regredisca, perché è effettivamente un elemento dannoso, ma, badate bene, non è condannabile perché rappresenta una situazione di sofferenza, se vogliamo che questa situazione regredisca, è necessario che vengano dati strumenti che siano in grado effettivamente di rispondere ai bisogno di rivendicazioni di chi di questo servizio alla fine andrà ad usufruire. 


Moderatore

Ringrazio Giacomelli, per fortuna avevo detto che non siamo all'anno 0; prima avevamo teorizzato quelli che saranno i compiti della comunicazione pubblica in sanità; Ivano è sceso nel merito di episodi concreti nei quali colgo ancora una volta quel dissidio di termini tra quanto può essere una mancanza di tipo strutturale organizzativo nei confronti di una richiesta collettiva, da quelle che invece possono essere delle lagnanze del singolo che si trova di fronte all'errore umano, alla impossibilità di sopperire a un'esigenza strumentale, a un'esigenza pratica. 
Certo, sono delle realtà. Ha citato la carta dei servizi con tutti quelli che possono essere gli accomodamenti, e qui nessuno meglio delle realtà regionali attive presenti, quali il dottor Aiazzi per la Toscana e Salvi per il Piemonte potranno intanto dire quanto in effetti già praticamente viene realizzato nel campo sanitario della comunicazione pubblica.
Darei, quindi senz'altro la parola al dottor Aiazzi.



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