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Testata Asmi
FORUM P.A. 2002 (Fiera di Roma 6-10 maggio 2002)
Convegno in collaborazione con ASMI
"LA COMUNICAZIONE PUBBLICA IN SANITA'"

Giuseppe DEL BARONE
Presidente Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri

Ufficio Stampa e Ufficio Relazioni con il Pubblico 
intermediari tra medici e cittadini
per aspetti organizzativi e di assistenza collettiva


Giuseppe Del Barone

Giuseppe Del Barone

Confesso che non sono venuto preparato a sentirmi porre degli interrogativi, perché agli interrogativi si possono dare delle risposte, ma qualche volta la risposta si basa su ipotesi relative a ciò che potrà succedere e non su ciò che succede.
Come Federazione abbiamo un giornale spedito a 340.000 medici, si chiama ‘La Professione’ ed è diretto da un noto giornalista che si chiama Cesare Fassari.
Voglio aggiungere che se consideriamo i 103 ordini che dipendono dalla Federazione ce ne sono almeno 80 – potrei dire anche 85, ma preferisco dire 80 per essere più vicino alla verità - che pubblicano un ‘Bollettino’ con notizie delle rispettive province.
Abbiamo anche una giornalista che segue i lavori del nostro Comitato Centrale e ne riepiloga lo svolgimento per cui, se 
dovessi dire che abbiamo un Ufficio Stampa nel significato letterale della parola, mentirei, ma se dovessi dire che non abbiamo un contatto con i giornali attraverso nostri comunicati sarei altrettanto inesatto.
Prima di venire qui mi sono recato in Federazione proprio per rilasciare una dichiarazione su quello che pensa la Federazione in merito alla possibilità di trattare il dolore e alcune malattie con la marijuana).
Cercherò di essere breve senza lasciarmi prendere dalla foga e dagli stimoli degli argomenti che sono all'ordine del giorno.
Vorrei dire che il primo interrogativo che mi pongo sui rapporti con la stampa, con ciò che esce sui giornali, con l’eccessivo spazio alla malasanità, è sul perché se c'è una negatività viene folclorizzata e riportata a cinque colonne, mentre il comunicato positivo, all'opposto, non viene ripreso o riportato in maniera estremamente ridotta. 
Se dovessi parlare dello spazio che si dà ai processi giudiziari che riguardano i medici, dovrei sottolineare che  spesse volte si dimentica di dire che queste nostre cause, abbondantemente seguite sulla stampa nelle tre fasi di giudizio, fino all'appello e alla Cassazione, nel 95% dei casi si completano  con l'assoluzione del medico. 
Per cui se dovessi dire, con una frase che può sembrare di folclore, ma che invece corrisponde a quello che penso, qual è  forse il primo interrogativo che mi pongo, è se c'è una comunicazione etica o se c'è un'etica della comunicazione. 
Se riuscissimo ad ottenere un maggiore rispetto dell’etica, probabilmente  direi che la maggior parte delle dissonanze che prendono il sopravvento sulle assonanze sarebbe superato e, di questo, sarei già contento. 
Teniamo sempre presente che il contatto è con il cittadino, portato a recepire le cose come gli vengono dette, come vengono riportate.
Anche le interviste vengono riferite con una veridicità che qualche volta è del 100%, ma altre volte è sì e no del 40%, secondo una focalizzazione che   spesso avviene più in negativo che non in positivo delle cose che vengono dette.
Con queste considerazioni rapidissime non voglio assolutamente pensare di fare un tribunale per la difesa del medico, abbiamo già il tribunale per la difesa del malato; non mi voglio identificare perché mai, come questa volta, medico e malato dovrebbero percorrere la stessa strada per un'informazione precisa che informi il cittadino sui fatti di cui vuole essere informato, ma lo
informi con verità. 
Sono un vecchio medico con un trascorso sindacale e ordinistico, ma, dimenticando per un momento la mia posizione di presidente della Federazione Nazionale degli Ordini dei medici, e ricordando, invece, che sono il Presidente dell'Ordine dei medici di Napoli, posso affermare che Napoli rappresentando 21.000 iscritti dei nostri 340.000 a livello nazionale, è il terzo Ordine d'Italia e, indiscutibilmente, ciò che succede nella nostra città spesso si sovrappone a ciò che succede altrove, almeno in campo medico. 
La mia lunga esperienza mi permette di dire che, in passato, per trovare sulle pagine di un giornale una virgola che trattasse la sanità si doveva sudare, perché non se ne parlava proprio. Adesso siamo passati all'opposto: adesso se ne parla probabilmente troppo. 
Avrete notato i vari ‘supplementi’ ‘Salute’, pubblicati dai giornali di importanza nazionale e  mi guarderò bene dal dire che sono contrario a che ci sia non una volgarizzazione, ma una possibilità di dire al cittadino in maniera volgarizzata, ma non esageratamente, cose che forse il cittadino gradisce sapere. 
Non certamente la cura per perdere 20 chili in due settimane, perché, probabilmente, se esistesse questa cura l'avrei fatta in prima persona.
Non certamente per sapere perché qualche volta si ha una vasculopatia con comparsa di varici e con dannazione di chi deve presentarsi in bikini sulle spiagge di tutta Italia.
Non per queste cose, ma per sapere che vi sono determinate patologie  che conviene conoscere.
Ma vi è un'aggravante che desidero sottolineare con forza: soltanto qualche volta ci troviamo davanti ad un'informazione valida e sana e quindi ‘gioco in casa’ del giornalismo scientifico; altre volte ci troviamo dinanzi a posizioni, soprattutto con Internet, che sane non lo sono per niente. Basterebbe ricordare l'ultimo episodio di quel signore che è morto perché ha creduto a una terapia per la cura dei tumori fatta con il bicarbonato per via parenterale.
Che cosa vorrebbe il cittadino da questa informazione? Certezza. 
Perché le tematiche che vengono sviluppate dalla stampa scientifica e dagli ‘speciali’ dei grandi giornali d'informazione trattano un argomento vitale come quello che riguarda la salute.
Naturalmente mi pongo l'interrogativo: è possibile in medicina dare una certezza? Penso che la cosa sia difficile, perché un farmaco che è utile non è detto che sia un farmaco che fa i miracoli; un farmaco che non è stato abbondantemente testato non è un farmaco che debba essere buttato a mare. E’ una considerazione ovvia che quasi mi vergogno di fare adcosì qualificata. E’ però una considerazione che fa parte dell’intero ragionamento.
D'altronde ricorderete l’episodio del lipobai. Mi trovavo sul Danubio e sono stato tempestato dalle notizie sul lipobai e dalle interpretazioni estremamente differenziate. 
La cerivastatina fa veramente male? Si è parlato di 52, 53 casi avversi causati dal prodotto somministrato. 
Cerco di ragionare, assumendomi la responsabilità totale di quello che dico, come uno che mimetizza con determinazione la propria età, ma che, comunque, ha avuto un incidente di natura cardiaca per cui è portatore di  quattro bypass, Chi vi parla ha preso il Lipobai per lo meno per quattro mesi consecutivi e vi posso assicurare che mi sono anche fatto qualche partita di calcetto e non mi è successo assolutamente niente.
Molti hanno pensato – e anche io l'ho pensato e sono molto sincero – che  alla base di certi ragionamenti ci fossero sottofondi di natura commerciale per cui si diceva: scansiamo questo per arrivare a quest'altro. Compravendite e altro su cui non mi soffermo per non entrare nei dettagli. 
Penso e mi ricorda la vecchia tesi secondo la quale alla FNOM, all'Ordine del Medici, esiste una contrapposizione, probabilmente neanche ideologica, ma più semplicemente che è quella di dire: se da questa sedia ti alzi tu, cerco di sedermi io. 
Voglio dire che ad un certo momento si è buttato a mare il concetto della cerivastatina tramite il Lipobai per arrivare, forse,  ad una situazione che avrebbe potuto buttare a mare anche l’efficacia positiva delle statine, che io ho preso e continuo a prendere, che fanno bene al cuore se è vero come è vero che le statistiche dicono che dal 33 al 35% dei malati cardiopatici che prendono queste statine hanno guarigione o ottengono un miglioramento della sintomatologia rispetto a quello che succedeva prima.
Scusate se è poco.
Su questa divergenza di posizioni ho avuto anche qualche confronto, via radio, con un amico, il famosissimo farmacologo professor Garattini, ma tra me e lui c'è una differenza di base: io, per avere fatto assiduamente il medico per tantissimi anni, ho sempre ragionato in vivo, lui, spesse volte, ha ragionato in vitro. Non so tra le due cose quale possa essere quella più accreditabile e confacente.
Termino dicendo che, nella prospettiva delle cose che si dovrebbero fare, mi auguro che tutti tengano presente, per quanto riguarda il rapporto col cittadino utente e paziente, che si dovrebbe ricordare in primis che si ha a che fare con la vita, la malattia e la morte. In secondo, con il lavoro, le professioni e le aspettative di quanti lavorano nel sistema salute. 
Falleri, Di Benedetto, Bernardini, Del Barone, Aiazzi

Falleri, Di Benedetto, Bernardini, Del Barone, Aiazzi

Terzo, con gli equilibri finanziari di uno Stato deputato alla tutela della salute pubblica, con il business di quanti operano, investono e procurano servizi e con lo sviluppo del sapere e della ricerca scientifica. 
Naturalmente sapere e ricerca scientifica che camminino sul terreno delle certezze, perché se si ipotizza che la marijuana possa far bene in determinati casi o che possano far bene le medicine non convenzionali, gradirei che dalle ipotesi si passasse alle certezze. Quando ci saranno queste certezze mi allineerò con estrema cordialità sulle posizioni legate alle certezze e non alle ipotesi. 
Vi ringrazio.


Moderatore

Ringrazio il professor Del Barone  che, comunque, è ancora un mio Presidente, essendo io medico e giornalista; sono nato medico e non posso assolutamente rinnegare questa primogenitura.
Lo ringrazio anche perché con questa introduzione, in effetti, ha, almeno in parte, evidenziato quello che è il centro della questione odierna. 
Ha chiaramente puntualizzato e focalizzato la situazione del ruolo dell'informazione del giornalista che diventa l'intermediario tra il medico e il paziente e si è appellato ad un principio che sicuramente unisce tutte e due le professionalità – quella del medico e del giornalista – che è il discorso etico: etica dell'informazione. E’ come parlare di etica medica e di questo lo ringrazio.
Credo che lo sforzo di dar vita a degli uffici stampa, uffici relazioni con il pubblico testimoni la coscienza, la volontà di riuscire a colmare, in sanità almeno, questa esigenza e a questo punto si rafforza, in effetti, quello che dovrebbe essere la formazione di personale qualificato, preparato a rispondere a questa esigenza di essere un intermediario valido, consapevole, preparato. E questo è proprio quanto, tutto sommato, oggi ci vede affrontare il secondo tema al quale accennavo all'inizio, della Legge 150 del 2000 e del suo regolamento, che prevede la formazione del personale che dovrà lavorare in questi Uffici.
Devo anche aggiungere che nei progetti obiettivo del Piano Sanitario Nazionale ci sono almeno due dei progetti obiettivo che ricordano in qualche modo l'importanza dell'informazione e della partecipazione della gente a quelle che sono le realizzazioni ipotizzate come obiettivi principali: in particolare il Progetto 3, che prevede di garantire e monitorare la qualità dell'assistenza sanitaria e delle tecnologie biomediche e che proprio in questa direzione non trascura l'intolleranza dell'opinione pubblica verso disservizi ed incidenti e sollecita il contributo della collettività per l'affidamento di un ruolo ad un osservatorio di parte terza indipendente; e il Progetto 9 sul quale tornerò in seguito. 
Perché mi ha colpito questo aspetto? Perché già da tempo la stampa medica ha voluto mutare quella che era la sua funzione di comunicatore tra medici per il progresso della conoscenza in comunicatore tra ricercatori e utenti per quello che è il progresso della conoscenza e oggi, a  maggior motivo, della validazione della qualità dei mezzi, dei presidi che vengono messi a disposizione della collettività. 
Ed è in questa direzione che la stampa medica ha cercato di attivarsi anche per la realizzazione di un osservatorio proprio per quella che è l'informazione medico scientifica divulgata in modo corretto e completo. 
Rimando ad un secondo intervento il discorso di Internet perché è un discorso sul quale mi trovo completamente d'accordo. 
Per ora anticipo soltanto che un anno fa abbiamo dedicato un Convegno al tema Internet e Salute ed è nostra intenzione tornare su questo argomento considerato di estrema importanza anche perché Internet sfugge a qualunque controllo.
A questo punto sarà il dottor Falleri che, come presidente del gruppo Uffici Stampa italiano potrà parlarci dei contenuti della legge 150 e del regolamento applicativo e come siano, se lo sono, rispondenti a questa esigenza di essere intermediari validi tra quelle che sono le disponibilità di un servizio pubblico e quelle che, restando in campo sanitario, possono essere le attese di un'utenza. 
Naturalmente il discorso è molto generale: non gli chiedo di entrare nel merito degli argomenti specifici di sanità, ma l’argomento è certamente trasversale per tutta la Pubblica Amministrazione e, conseguentemente, può essere facilmente trasferito alla realtà della sanità.
La parola adesso al dottor Armati.



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