"La cultura del farmaco
in Italia e l'informazione della popolazione"
Convegno in occasione dell'Assemblea
ordinaria dell'ASMI
(Roma 19 marzo 2002 - Sala Convegni F.N.S.I.)
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Lorenzo Del Boca
Presidente Consiglio Nazionale Ordine dei Giornalisti
Fenomeni avversi da farmaci
e cronaca di informazione
Grazie a tutti, grazie soprattutto per l'invito.
Credo che debba rivolgere un incoraggiamento a continuare
queste vostre iniziative perché abbiamo bisogno di un giornalismo
di qualità.
Naturalmente coloro che sono ‘portatovoce’ di un settore
specifico hanno una consapevolezza maggiore nell'ambito della professione
e sono il nostro punto di riferimento.
Da troppo tempo i giornali, le televisioni, le radio
e le informazioni in genere sono piene di quantità a scapito della
qualità.
I risultati sono quelli che sono: si vendono meno copie,
l'audience è sempre più legata alla telenovelas e la credibilità
del giornalista va diminuendo.
Se vogliamo invertire questa tendenza dobbiamo anche
cambiare il nostro atteggiamento.
Non ho la competenza che avete voi e non ho la competenza
che hanno gli illustri relatori. Mi limito a fare qualche considerazione
che riguarda il rapporto tra l'informazione, la scienza e il giornalismo
cosiddetto general-generico.
Se leggiamo i giornali veniamo a sapere che è
possibile trapiantare un arto a una persona che lo aveva perduto per qualche
disgrazia oppure veniamo a sapere che con l'innesto di piccoli televisorini
sugli occhi collegati ai centri nervosi del cervello è possibile
ridare la vista a chi era diventato cieco.
E il Giappone, che aveva già stupito il mondo
perché aveva inventato il Tamagoci, un computer dotato di una qualche
sensibilità, che moriva se si sentiva trascurato, adesso sta avviando
una serie di esperimenti per mescolare elementi inorganici con elementi
organici.
Tuttavia non è necessario fare irruzione nel mondo
della scienza cosiddetta estrema per rendersi conto che la tecnologia avanzata
si sta impadronendo della nostra vita. Qualunque elettrodomestico è
in grado di accendersi a comando o di spegnersi quando ha finito la propria
funzione. Le automobili guidano gli autisti e li avvertono se ci sono degli
incidenti per strada. E ci sono gli allarmi in grado di distinguere la
mano del ladro dalle unghiate dei cani e dei gatti di casa.
L'informazione deve tenere conto di tutto questo.
Lavora sull'onda di una tecnologia invasiva che gli propone
sempre nuovi argomenti e lo fa sotto la spinta della stessa tecnologia
che in qualche modo è causa ed effetto dello stesso procedimento.
Si vedono quasi in diretta le trasmissioni e le riprese
che vengono registrate dalla luna; vediamo i bombardamenti con la luce
fioca del laser mentre sorseggiamo un caffè la sera. C'è
Internet, si citava che è un elemento di grande potenzialità,
che dà informazioni in tempo reale: abbiamo saputo che cosa capitava
in Argentina prima che tutta quanta l'Argentina sapesse che cosa era successo
a casa sua.
Logicamente questo modo di procedere non è sempre
lineare.
Talvolta è in contraddizione con se stesso nel
contrasto di un'informazione che è diventata spettacolo e di uno
spettacolo che sconfina in chiacchiera. Lo nobilitiamo chiamandolo talk
show, ma di chiacchiera si tratta e il principe di questi intrattenimenti
è appunto il Maurizio Costanzo che presenta argomenti e personaggi
sempre un po' esagerati, sempre un po' estremi, sempre un po' eccessivi,
sempre un po' sopratono, sempre un po' caricaturali.
Voi avete citato le trasmissioni che riguardavano Di
Bella, ma sono tutte in questo range di riferimento: quello che parla con
gli Ufo, quello che si è fatto coprire l'ultimo lembo di pelle dai
tatuaggi, quelli che si scambiano il partner d'amore, quelli che vengono
violentati in famiglia.
Non che non siano problemi veri: ma sempre un po' ai
confini della realtà.
Il risultato è che ci si accontenta della quantità
piuttosto che qualità.
I protagonisti stanno sotto i riflettori per lasciare
al buio i problemi e il linguaggio è sempre in qualche modo un po'
retorico e un po' strumentale; sciocca il lettore certo di essere scioccato,
ma non sempre lo mette nelle condizioni di capire.
Questa deriva della stampa è stata individuata
da coloro che gestiscono l'informazione scientifica, al punto che, usando
questi difetti, finiscono per proporre degli annunci più che delle
cose. Infatti sulla stampa abbiamo letto che è stato scoperto il
DNA della longevità.
In realtà a leggere bene l'articolo ci si rende
conto che questo ricercatore italiano ha la speranza, fra qualche anno,
di arrivare forse a questo elemento che però veniva già dato
come scontato.
L'effetto annuncio è utile perché
significa avere audience e quindi finanziamenti, e quindi riconoscimenti.
La stessa università, la stessa azienda di ricerca
finisce con l'essere più attenta a coloro che hanno “bucato” lo
schermo, e quindi lo finanziano.
Il fatto di dire che c'è la pillola che fa crescere
i capelli, piuttosto che c'è la pillola che fa diminuire la pancia,
piuttosto che c'è qualsivoglia altro tipo di pillola è obiettivamente
un elemento di pubblicità evidente.
Che cosa dobbiamo fare? Prendere atto di queste difficoltà?
Organizzare una seria formazione per una professione consapevole?
Abbiamo bisogno che i giornalisti non imparino più
il mestiere per strada, come è avvenuto fino adesso e quindi si
imparava a diventare giornalisti mentre lo si faceva, ma abbiamo bisogno
che all'interno di ogni singola professione ci siano delle eccellenze,
di chi si occupa di particolari elementi e li conosca.
Noi abbiamo bisogno di chiedere agli scienziati di non
abusare della loro scienza; certo noi dobbiamo saperne di più e
soprattutto dobbiamo chiedere ai nostri direttori e ai nostri editori di
utilizzare e di valorizzare coloro che più sanno e che hanno dimostrato
di sapere, che è la battaglia che faremo noi e che mi auguro e ci
auguriamo di vincere, perché davvero questo è il futuro della
nostra professione. |