"La cultura del farmaco
in Italia e l'informazione della popolazione"
Convegno in occasione dell'Assemblea
ordinaria dell'ASMI
(Roma 19 marzo 2002 - Sala Convegni F.N.S.I.)
|
Gerardo Corea
Dirigente Medico ASL RM/G
Sperimentazione dei farmaci - Fase III
e IV
Perdonate una precisazione: un uditorio così composito
e così qualificato meritava per la conclusione un relatore più
esperto.
Lo dico senza falsa modestia perché due miei maestri
nella formazione universitaria siedono anch’essi da questa parte del tavolo
e io, non come diceva il professor Isidori, senza giusto merito mi trovo
qui perché amico personale del dottor Bernardini che ringrazio.
Ieri, a quest'ora, neanche sapevo di dover venire a parlare
e a dire la mia su un tema così rilevante, così scottante,
così importante.
Molte notizie saranno pertanto lacunose anche perché
non ho potuto il tempo di preparare l’intervento nonostante l'aiuto di
alcuni miei amici che hanno cercato di sistemare alcune diapositive
lavorandoci tutta la notte.
Vorrei chiarire solo alcuni punti anche perché
devo necessariamente cambiare il tipo del mio intervento. Lo devo fare
per forza perché questi signori che mi hanno preceduto hanno detto
tutto.
Mi hanno lasciato questo spiraglio sul Comitato etico
e sulla nuova norma che detta la sperimentazione clinica per i medici di
medicina generale e i pediatri di libera scelta.
Cosa è il Comitato Etico lo ha detto in maniera
esemplare il professor Isidori: mi sembrava di assistere a una lezione
dell'Università.
Quanti sono questi Comitati etici in Italia? Sono circa
265, dico circa perché gli ultimi dati che ha fornito il Ministero
della salute, pubblicati nel dicembre 2001, parlano di 265. Proprio l'altro
ieri, parlando con altri amici che si occupano di queste cose, ho saputo
che già si sono iscritti altri due Comitati etici.
I Comitati sono diversificati. Perché stranamente,
e questo è un dato che poteva far parte di una riflessione ulteriore,
molti sono comitati che fanno parte delle Aziende Sanitarie Locali. I Comitati
etici delle ASL sono oltre il 47% di tutti i Comitati etici e il 34% sono
di Aziende Ospedaliere. I Comitati etici dell'Università sono 16.
E’ questo è un dato che non coincide con
la sperimentazione di cui ha parlato il dottor Agostani. La stragrande
maggioranza delle cose che ha detto fanno parte di riflessioni logiche
sulla iniziale ricerca farmaceutica.
Proprio lo scorso anno è stata introdotta una
nuova norma, un decreto del Ministro della Salute del 10 maggio 2001, con
cui vengono dettati i punti salienti per affidare alcune sperimentazioni
ai pediatri di libera scelta e ai medici di medicina generale, i famigerati
medici di base, forse un ricordo romantico, ma meraviglioso del medico
di famiglia. Quello sì che era un tuttologo che meritava un rispetto
diverso da quello che noi oggi gli vogliamo dare più attinente a
un compilatore.
Bisogna fare un riesame di ruoli e compiti tra farmacisti
che diventano quasi dei commercianti e questi medici di base che ormai
sono medici che diventano trascrittori o molte volte veloci prescrittori,
purtroppo scarsamente organizzati, perché il tempo è scarso
e quindi devono cercare di garantire un minimo di assistenza a una marea
di loro assistiti.
Anche su questo andrebbe fatta una revisione: come può
un medico di medicina generale assistere 1800 mutuati?
La statistica ormai è diventata una noia, (e io
purtroppo faccio parte di questa noia perché vi sto dando anche
delle indicazioni numeriche) e sta diventando, secondo me, anche un'arma
micidiale nei confronti della ricerca.
Ho fatto il medico per molti anni; adesso, passando dall'altra
parte, alla dirigenza, ho perso un po' il rapporto con il paziente, ma
come devo considerare quello che ho sentito in merito al fatto che se un
farmaco può far bene a 100.000 malati e ne uccide 1 è etico
sperimentarlo?
È etico anche prescriverlo rischiando su quell’1
per 100.000 che dovrà morire?
Mi pongo anche un'altra domanda, come medico, senza rispondere
a quella precedente e partendo dal principio che conoscete tutti che il
peggior paziente è il medico per la paura che ha delle malattie
che ben conosce.
Sfido chiunque a convincermi che ho la gola secca soltanto
perché sto prendendo degli antibiotici!
Mentre un comune mal di denti per la maggior parte delle
persone si riduce a un mal di denti e viene anche trascurato (si può
prendere un bicchierino di whisky che ha un effetto anestetico locale),
per un medico non è un mal di denti; può essere addirittura
un tumore che tocca una branca del trigemino.
Uno si alza la mattina e nota che non ci sente bene o
ha un po' di vertigini: è un tappo di cerume. Un medico ha, come
minimo, un neurinoma dell'acustico.
Vi racconto queste cose soltanto per darvi un’idea della
coscienza che devono avere i componenti di un Comitato etico di cui mi
onoro di essere Presidente, e di cui sono presenti molti componenti venuti
a sentire i lavori di questo simposio.
Quando ci mettiamo ad esaminare una pratica con tutto
l'iter complesso che il professore prima ha descritto, molte volte non
vi nascondo che le domande interlocutorie che corrono per il tavolo si
riassumono in questo: e se il fatto avesse riguardato me personalmente?
L'etica è una cosa molto complessa e di questa etica, purtroppo,
come ha detto il professor Isidori oggi nei comitati etici è rimasto
ben poco.
Perché, per esempio, andrebbero riviste alcune
indicazioni fondamentali nelle scelte da effettuare. La scelta non può
viaggiare più sul dualismo costo/beneficio; la scelta dovrebbe essere
ricondotta alle individualità della persona malata.
Ma quando si fa questo discorso, purtroppo non si può
non tenere in considerazione i dettami della Farmindustria, le scelte statistiche,
i motivi politici che portano all'adozione di una scelta di sperimentazione
o comunque della nascita della sperimentazione.
Perché si deve sperimentare sull'AIDS e non su
una malattia rara.
Sapete quante malattie rare oggi ci sono? Sono centinaia.
Purtroppo colpiscono poche persone, non se ne parla.
La sperimentazione clinica e comunque la ricerca per
queste malattie è affidata alla pratica di qualche ricercatore che
vive in qualche isolato laboratorio; magari in un sottoscala dell'Università,
perché anche lì ci sarebbe da fare un discorso provocatorio
nei confronti di queste istituzioni.
Ma ritorno a quello che è il mio tema. I medici
di base, finalmente, possono condurre delle sperimentazioni. Sperimentazioni,
dice la norma, su alcuni farmaci di fase 3 e farmaci di fase 4. Non sono
cose da poco conto. Basta tenere a mente che questi farmaci sono farmaci
che vanno a trattare malattie croniche, malattie molte volte degenerative
o cronico-degenerative, malattie che incidono sui costi sociali con quote
spaventose. farmaci Farmaci particolari di classe 3 per malattie che non
necessitano di ricovero ospedaliero e quindi escono da quello che è
il momento della difficoltà diagnostica, il momento del "costo della
sanità" e ritornano nel territorio.
Quale territorio? Speriamo sia il domicilio del paziente,
ma anche qui andremmo incontro ad un tema molto più vasto che è
quello dell'assistenza domiciliare che meriterebbe un approfondimento diverso.
Qualcuno prima ha detto: si invecchia di più e
in modo particolare le donne ancora più degli uomini.
Questi temi, queste preoccupazioni, ce le ritroveremo
tutti fra qualche anno perché l'assistenza domiciliare dovrebbe
essere meglio garantita e si ricollega con la sperimentazione clinica e
si ricollega con i farmaci di banco, con i farmaci che non necessitano
di ricetta medica.
Hanno finalmente dato la possibilità della
sperimentazione ai medici; con un decreto meraviglioso che si compone di
cinque articoli e che paragono a una legge bellissima, lineare, trasparente,
come è quella sulla privacy. Questo decreto viaggia con la stessa
terminologia: non è farraginoso, non è complesso, non fa
dei richiami stratosferici, è semplice nella sua organicità:
i medici sono ammessi a fare questa sperimentazione.
Ma quali medici? Tutti? No. I medici devono produrre
regolare domanda alla ASL di appartenenza in cui devono esprimere questa
volontà di fare sperimentazione e con la domanda devono produrre
un curriculum formativo.
E qui cominciano a nascere i primi problemi perché
lo stesso decreto e i chiarimenti successivi prevede degli aggiornamenti
che devono essere tenuti da parte delle aziende sanitarie locali e non
solo, ma anche da parte del Ministero della Sanità, per formare
questi medici a poter fare una sperimentazione.
Viene istituito quindi un registro, vengono iscritti
in questi registri, il registro è pubblico. Ogni sei mesi, per i
dettami di questo decreto, deve essere aggiornato e nello stesso tempo
il medico di medicina generale deve fare una dichiarazione che da questo
tipo di ricerca, di sperimentazione, non trarrà alcun vantaggio
economico.
Questo forse era bene chiarirlo perché in tutte
le fasi di questo incontro non è stato mai ribadito un concetto
fondamentale: la sperimentazione clinica, anche là dove è
fatta per i farmaci di fase 2, e anche di fase 1, non porta allo sperimentatore
alcun beneficio economico.
La norma è chiara. Tutto ciò che può
derivare dal tempo che gente che lavora per benefici che possono essere
anche di una certa rilevanza dedicandosi alla ricerca e alla sperimentazione,
va devoluto all'azienda ospedaliera o all'istituto di ricerca di cui fa
parte il comitato etico o l'istituto di ricerca di cui fa parte il ricercatore
o l'università.
Un comitato etico si compone in genere di 13-14 persone,
diversificate per cultura e per specialità: clinico, farmacologo,
medico-legale, rappresentanti di categorie degli infermieri, cappellani
laddove previsti.
Forse il momento è propizio per cercare di inserire,
perché è chiaro che la legge ha un suo logico divenire, anche
i medici di medicina generale nei protocolli di fase 1, 2 e quella porzione
mancante di fase 3, cioè di mandare il medico di famiglia all'interno
dell'ospedale in maniera tale che l'assistenza al suo paziente sia continua
nel tempo.
Sicuramente sarebbe utile al paziente ricoverato questo
tipo di coinvolgimento del medico di famiglia che lo segue anche là
dove ha bisogno dell'assistenza di un volto amico. Pensate: un malato che
si trova in ospedale, dopo un giorno perde la cognizione del tempo, non
sa se piove fuori, non sa che giorno è.
Il professor Isidori ci diceva, insieme ai suoi assistenti:
fategli fare la barba ai malati a letto (e noi non riuscivamo a capire
qual era il significato), per tenerli agganciati alle condizioni della
vita quotidiana.
E allora questo medico di medicina generale, e io non
sono un medico di medicina generale, quindi mi posso permettere il lusso
di dirlo, dovrebbe accompagnare questo paziente in tutte le fasi della
sua malattia, e rientrare di autorità anche a far parte di un organo
così privilegiato, come può essere quello dell'appartenenza
a un comitato etico ospedaliero.
Grazie e scusatemi. |