Dalla salute "comunicata" alla salute "tutelata"
Presupposti per l’organizzazione di un "Corso di
formazione in Comunicazione"
per medici di famiglia, personale sanitario di
ASL e Ospedali e per giornalisti scientifici
e addetti agli Uffici Stampa e URP della
Sanità Pubblica
Il secolo appena trascorso ha visto modificare enormemente il concetto
di salute: da quello legato inscindibilmente alla “malattia”, a
quello, ampio ed ideale dell’OMS: “Un completo benessere fisico, mentale,
sociale”.
Alla luce di questo cambiamento nei Paesi sviluppati è evoluta
l’immagine che il pubblico ha della salute, confortata dagli enormi progressi
tecnologici della medicina, dall’aumento della vita media, dall’accessibilità
generalizzata a diagnosi e cura. Da un lato è andata maturando una
grande fiducia nella scienza e nelle sue possibilità, dall’altro
è cresciuto il desiderio di intervenire attivamente nelle scelte
che riguardano il proprio benessere.
La grande diffusione di notizie a carattere sanitario che caratterizza
la nostra società ha alimentato tali cambiamenti, ma purtroppo spesso
non è stata capace di produrre un corrispondente aumento di conoscenza,
creando invece confusioni ed equivoci. L’esempio più eclatante a
tal proposito è il “caso Di Bella”, ma l’analisi dell’informazione
diffusa dai mass media evidenzia molti altri episodi significativi in tal
senso.
In una società di grande comunicazione anche la salute passa
attraverso i media e ne diventa tema fondamentale, fino ad essere salute-spettacolo
per i cittadini che non sono direttamente toccati da una patologia. Questi
acquisiscono soprattutto attraverso il mezzo televisivo conoscenze generiche
e superficiali, spesso legate a logiche economiche cosicché anche
la salute sembra far parte della definizione di “status” e si configura
sempre più come un bene che si può acquistare.
E’ evidente l’aumento della divergenza fra la “comunicazione pubblica”
e quella “di mercato”: la prima ha come obiettivo la diffusione
di informazioni rispondenti a bisogni collettivi ed utili per il raggiungimento
di un maggior benessere comune; la seconda invece si propone di far conoscere
prodotti e servizi e di promuoverne l’acquisto in ambito sanitario.
Quando invece il cittadino diventa utente della struttura sanitaria,
i suoi bisogni reali lo portano ad un’altra visione della salute, dove
è predominante la necessità di capire ed essere capito. Quando
il paziente o i suoi familiari debbono scegliere la via diagnostica e/o
terapeutica intervengono molteplici fattori: il livello culturale, le disponibilità
economiche, le conoscenze specifiche delle strutture e della malattia.
E’ evidente che la capacità di scelta del cittadino per la propria
salute, anche se connessa alle sue possibilità economiche, dipende
in primo luogo dal suo grado di “alfabetizzazione sanitaria”, intesa
come la capacità di comprendere e decidere. Libertà di scelta
e consapevolezza sono infatti strettamente connesse e dipendono dalla conoscenza
e, spesso, proprio coloro che più hanno bisogno di salute, come
ad esempio gli anziani, non hanno strumenti per comprendere ed agire di
conseguenza. In questo scenario tutt’altro che chiaro ed omogeneo, si inseriscono
alcune problematiche emergenti nella gestione della salute collettiva ed
individuale: le politiche vaccinali, il consenso informato, l’uso dei farmaci,
le “medicine alternative”, la scelta delle strutture a cui rivolgersi.
Inoltre, l’attuale impostazione dell’assistenza medico-sanitario basata
sulla qualità e tendente a valutare la “customer satisfaction”
impone di avere con il cittadino-paziente, ormai definito utente-cliente,
un dialogo continuo sui suoi bisogni e sulla qualità percepita delle
prestazioni ricevute.
E’ chiara quindi l’esigenza di un rapporto comunicativo intenso ed
appropriato fra il soggetto e l’istituzione sanitaria, rappresentata dal
suo personale medico e paramedico. L’interlocutore privilegiato dal paziente
è comunque il medico, ancora considerato come la fonte preferita
di informazioni; in pratica, però, la comunicazione medico-paziente
risulta spesso inefficace, o perché poco comprensibile o perché
ostacolata da barriere non solo psicologiche, ma anche organizzative. Il
processo comunicativo operatore sanitario-paziente ha quindi un ruolo essenziale
in ogni percorso terapeutico, in ogni scelta che riguardi la salute, in
ogni programma di valutazione di efficacia. Le organizzazioni sanitarie
che hanno istituito gli Uffici Stampa e gli Uffici Relazioni con il Pubblico
per la gestione della comunicazione interna ed esterna, hanno anche la
imprescindibile necessità di migliorare l’interazione fra il personale
sanitario e pazienti attraverso adeguati percorsi formativi, vista anche
l’attuale mancanza di questi argomenti nei curricula universitari delle
professioni sanitarie.
Annalaura Carducci
Andrea Calamusa
(Osservatorio per la Comunicazione Sanitaria
dell’Università di Pisa)
Tutti i lettori interessati all’organizzazione di un
"Corso di Formazione in Comunicazione"
possono segnalare la loro adesione all’iniziativa.
Scrivere o inviare un Fax o una e-mail a
"Il Nuovo Medico d’Italia"
Via Monte Oliveto,2 - 00141 ROMA
Tel - Fax : 06/87185017
E-mail: numedi@tiscalinet.it
Inviare una e-mail a: carducci@ocs.unipi.it
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