Lettere alla Redazione
Una garbata polemica
per una concreta iniziativa
Gentile Direttore,
Anche se con il timore di ripetere argomentazioni ampiamente dibattute,
mi premeva analizzare a distanza di tempo quanto è accaduto nella
trasmissione di SuperQuark dell’11 luglio scorso, dove l’ineffabile Piero
Angela si è preso il disturbo di affrontare il tema dell’omeopatia.
E gradirei molto conoscere il Suo parere sull’argomento non solo come Direttore
di questa rivista ma anche e soprattutto in qualità di Presidente
dell’ASMI, Associazione della Stampa Medica Italiana.
Pratico questa branca non convenzionale da molti anni e sono certo
di conoscerla bene, se non altro nelle sue linee fondamentali e nei suoi
campi di applicazione. Lo ammetto, forse più di quanto possa conoscere
qualche settore estremamente specifico di cardiologia o di nefrologia frettolosamente
digerito in qualche complementare durante il corso di laurea. Eppure, anche
in casi estremamente complessi, la legge e la deontologia mi permetterebbero
di fare a meno del cardiologo o del nefrologo, ma di ricorrere a quello
che, in scienza e coscienza, mi sento di attuare in tali situazioni. Il
problema è, semmai, il riconoscere i propri limiti e il capire quando
è il caso di modificare il proprio atteggiamento terapeutico o di
passare la mano a chi è più competente, soprattutto quando
il rischio è interamente riversato sul paziente che ha riposto piena
fiducia nel nostro operato.
Una volta appurato che il limite della medicina è quello delle
conoscenze del medico (e non dell’omeopata) a cui il paziente si rivolge,
il discorso si sposta su di un piano diverso. Di fronte al malato è
necessario utilizzare la strategia più adatta, valutando al meglio
il delicato rapporto tra rischi e benefici che l’approccio scelto presenta.
Da questo punto di vista, è mio personale convincimento che la metodologia
omeopatica presenti molti spunti vincenti, soprattutto nel campo di molte
patologie ad andamento cronico che la medicina convenzionale si limita
ad affrontare unicamente da un punto di vista sintomatologico. Il medico
che conosce l’omeopatia si trova allora un’arma in più, in aggiunta
(e non in contrapposizione) a quanto può (e deve) essere effettuato
per gestire le inevitabili recidive acute che costellano la vita di questi
pazienti e che spesso non possono essere gestite in maniera diversa da
quella convenzionale. Eppure in un gran numero di situazioni tali acuzie,
grazie all’omeopatia, possono essere rese meno frequenti e meno intense
dal punto di vista sintomatologico, a condizione che tutto questo sia effettuato
da medici competenti che conoscono bene questa metodologia e che sanno
quando utilizzarla senza rischi per il paziente.
Tornando a SuperQuark, sono queste le informazioni che mi aspettavo
di ricevere da una trasmissione che trova spazio in prima serata e che
decide di occuparsi di un argomento estremamente diffuso e controverso
quale è l’omeopatia. L’11 luglio scorso la TV di Stato ha mandato
in onda un servizio che, invece di esaminare tutti i lati del problema,
presentava una lunga serie di feroci critiche alla metodologia omeopatica
le quali, oltre ad essere farcite da una supponenza arbitraria e insostenibile,
erano prive di qualunque fondamento metodologico. Sarebbe fin troppo facile
sottolineare l’incongruenza di un’informazione di parte effettuata da un
servizio pubblico, che si sovvenziona anche con i contributi di qualche
milione di pazienti soddisfatti di curare parte dei loro problemi omeopaticamente.
Spaventa molto di più il modo, subdolo e incompetente, con cui è
stata affrontata la questione. In questi casi viene spontaneo chiedersi
se la deontologia è valida in campo giornalistico così come
lo è in campo medico: chi ha seguito il servizio in questione (stiamo
parlando di quasi cinque milioni di telespettatori!) ha ricevuto un’informazione
talmente fuorviante che, fatte le debite proporzioni, un medico che si
fosse comportato in analoga maniera sarebbe stato immediatamente travolto
dalle conseguenze medico-legali di un simile atteggiamento.La questione
non è da poco e si può riassumere in una semplice domanda:
chi può assicurare il paziente/consumatore/utente che le stesse
inesattezze concettuali e le gravi incongruenze espresse sull’omeopatia
non abbiano colpito altri settori di divulgazione, soprattutto in campo
medico? Mi rendo conto che questo è il problema di fondo dell’informazione
medica radio-televisiva e che non è di facile risoluzione, ma è
comunque auspicabile un maggiore controllo da parte di chi, nelle vesti
di gestore di un servizio pubblico, dovrebbe evitare di stravolgere a tal
punto le basi stesse della neutralità della divulgazione scientifica.
In mancanza di tale controllo, avviene che una stessa problematica può
essere presentata in molti modi diversi e se l’argomento in questione non
rientra nella competenza e nelle preferenze del curatore del servizio giornalistico
è sufficiente eliminare qualunque possibilità di contraddittorio
e di ammantare di pseudo-scientificità informazioni e notizie scarsamente
attinenti, se non addirittura fuorvianti, per privare il telespettatore
di un elementare diritto di opinione e di una scelta terapeutica libera
e consapevole.Per concludere, quanto trasmesso da SuperQuark sull’omeopatia
ha costituito una nota avvilente non solo per gli omeopati, ma per l’intera
classe medica il cui comportamento, indipendentemente da ogni dottrina,
branca o specializzazione, dovrebbe essere sempre ispirato da una indispensabile,
dignitosa e seria umiltà scientifica. Perchè questo non può
valere anche per chi si occupa di divulgazione?
Cordiali saluti,
Dott. Gino SANTINI
Responsabile Metodologia e Ricerca ISMO
(Istituto di Studi di Medicina Omeopatica, Roma)
Caro Gino Santini,
La tua lettera ripropone e riassume due dei principali temi dei quali
l’Associazione della Stampa Medica (ASMI) si occupa per compito istituzionale:
attenzione ad ogni argomento connesso alla sanità e alla salute
che risulti d’interesse per la collettività e per le singole
persone (le medicine non convenzionali sono praticate e richieste da un
sempre maggior numero di medici e pazienti); promozione di un’informazione
medico scientifica e di cultura sanitaria quanto più possibile completa
e corretta.
Questo mio periodico, fin dal suo primo numero, ha posto in risalto
la necessità di un rapporto collaborativo tra giornalisti e medici
da potenziare e deontologicamente assicurare nell’interesse delle persone
che sono gli unici destinatari della professionalità delle due categorie,
sempre più coinvolte in un ‘servizio’ che sarà utile, qualificato
e gradito, soltanto se chi vi è impegnato saprà conservare
intatto il fondamentale presupposto di essere prima un professionista e
poi un operatore impegnato in attività di interesse sociale per
il singolo e per la collettività.
Prendo spunto dallo specifico episodio ricordato nella tua lettera
e da quanto mi hai riferito circa l’intenzione della RAI di tornare sull’argomento
per opportuni approfondimenti e precisazioni, per dedicare questa pagina
alle ‘Medicine non convenzionali’ e per confermarti l’intenzione
del ‘Il Nuovo Medico d’Italia’ di promuovere un Convegno sull’argomento
(Consensus Conference ?) che si potrebbe organizzare per la prossima primavera.
Eventualmente con il patrocinio dell’SASMI e con il contributo ed il coinvolgimento
della RAI.
Con viva cordialità
Mario Bernardini
Presidente ASMI
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