Testata

 

METTIAMO A FUOCO

di Carlo Vetere
 

Forse si esagera 
nel voler ridurre a tutti costi 
la durata delle degenze


Da quando gli economisti si sono impossessati de facto dell’organizzazione sanitaria il parametro "durata della degenza" ha assunto connotazioni "radicali" come indice di efficienza ospedaliera indipendentemente dalle conseguenze che la dimissione talvolta anticipata poteva avere sulle condizioni fisiche e,sopratutto con la sicurezza del paziente e dei suoi familiari.
E' noto come una disposizione normativa americana abbia previsto come rimborsabile nei casi di parto eutocico in ospedale una degenza di "almeno due giorni" sia per venire incontro al desiderio delle puerpere sia per ridurre spese ed inconvenienti di complicanze anche minori ma sempre agenti come fattori
di disagio ansietà.Oltre a tutto è stato detto il poter utilizzare il tempo di sia pur breve degenza per attuare forme di puericultura e di educazione sanitaria non è uno "spreco" ma
un "investimento in futura salute del binomio madre-figlio".
Viene ora pubblicata in Inghilterra una statistica di confronto sulla riduzione nel numero di posti letto per acuti nel Regno Unito da 5,2 per 1.000 abitanti negli anni 8O' a poco più di 3 nel 1997 e la media di alcuni Paesi occidentali nei quale partendo per gli stessi periodi da 6 si è giunti a 4.
Durante lo scorso inverno in una normale ondata epidemica influenzale le corsie ospedaliere inglesi sono "scoppiate". Ma a parte l'emergenza rimane sempre un problema il ricovero per affezioni sub-acute di anziani e,paradossalmente si programma l'aumento per il periodo 2.003-4 di altri 2.000 posti letto
e l'incremento nei centri sanitari di base di almeno 1.OOO "General Pratictioners" come filtro per le ospedalizzazioni degli anziani.
Ma il dato più interessante è quello derivante da una statistica policentrica (USA,Canadà,Olanda,Nuova Zelanda)prodotto collaterale della famosa indagine GUSTO (utilizzazione globale della Streptochinasi e dell'Attivatore del Plasminogeno Tissutale) condotta su 22.361 pazienti con infarto miocardico senza complicazioni per almeno 72 ore dopo l'intervento di trombolisi.Era già noto come la trombolisi precoce nei casi non complicati avesse un effetto positivo sulla sopravvivenza a 30 giorni dall'infarto.Si è voluto studiare mediante modelli analitici se dopo le 72 ore il prolungamento per altre 24 ore di degenza monitorata in Unità coronarica potesse comportare un vantaggio nel senso che interventi rianimatori effettuati nel corso di questa giornata supplementare in ambiente altamente attrezzato potessero ottenere un guadagno a medio termine come sopravvivenza.Si è visto,ma sempre sulla base del riesame dei dati clinici e di quelli epidemiologici di follow-up che una giornata in più assicurava O,OO6 di anno di vita in 
più con un costo di 105.629 dollari.Certo se si individuassero più a a fondo i pazienti solo "apparentemente" senza complicazioni si giungerebbe a ridurre a metà questa sommetta non trascurabile.Ma i ricercatori non si sono limitati ad effettuare calcoli probabilistici;hanno osservato come la rigidità di limitazione a tre giorni del ricovero monitorato crea una serie di problemi quali:
1)-Prima della dimissione è di regola effettuare prove da sforzo:ma non è troppo presto il terzo giorno? Le più recenti Linee Guida sconsigliano l'effettuazione di prove da sforzo così presto.
2)-Sempre in casi idealmente senza complicazioni un giorno in più consentirebbe di osservare gli effetti di nuove terapie che dovranno poi accompagnare il paziente per tempi lunghi.
3)-Anche in questo caso l'infartuato ed i suoi familiari vanno informati intorno ai programmi di prevenzione e di esercizio fisico.
I colleghi della mia generazione ricorderanno come negli anni 5O' era la regola dopo un infarto una degenza in riposo assoluto a letto per almeno 30 giorni;poi gradualmente si è passa
ti alla poltrona accanto al letto e ci si è accorti del vantaggio anti-trombotico della levata precoce ma sempre suggerendo al paziente un tipo di vita e di attività da spada di Damocle pendente sul capo.Oggi gli stessi pazienti,se non altro attraverso i messaggi iterati dei serial televisivi nei quali l'infarto non manca mai sono un pò più tranquilli:ma forse 
toglierli dalla sicurezza rappresentata dallo strumentario di monitoraggio e di pronto intervento rianimatorio così precocemente non giova alla ripresa piena di attività programmate!

Pollock AM.:
British Med.J. 320:461-63,2.000
Newby K.et al:
New Engl J Med 342:749-55,2.000 

Sommario del n. 6/2000


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