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La ricerca in Italia deve andare avanti 


“In Italia c'è una forte potenzialità di ricerca scientifica: bisogna fare in modo che questi prodotti non siano ceduti all'estero”. 
Su ‘ Il Secolo XIX ’ Leonardo Santi, direttore scientifico dell'Istituto per i Tumori di Genova e Presidente del Centro per le Biotecnologie avanzate, di recente chiamato a far parte del comitato dei saggi che in Europa dovranno occuparsi della ricerca transgenica, afferma che la posizione dell'Italia, come dell'Europa, rispetto alla biotecnologia “è molto più rigida” rispetto a quella americana. 
"L’Italia -spiega- ha identificato il principio che lo sviluppo delle biotecnologie deve essere considerato a seconda delle sue applicazioni. Differenziare, cioè, l'applicazione delle biotecnologie alla sanità da quella dei cibi. il nostro Comitato ha costituito un gruppo di studio per poter verificare lo stato dell'arte sulle prove necessarie per valutare i rischi e, a differenza di altri Paesi, ha chiesto che l'Italia decida un grosso finanziamento per la ricerca pubblica allo scopo di identificare sofisticati test per monitorare i rischi. Identificare, insomma, un piano italiano per le biotecnologie, così come un piano europeo che deve tener conto delle peculiarità delle linee italiane". 
Per Santi sarebbe però assurdo, dato lo stato della ricerca scientifica in Italia  “che evitassimo o impedissimo di svolgere ricerche e applicazioni nei settori scelti dal piano italiano: verrebbero alla fine coperti dalle multinazionali”.
Riguardo alle contestazioni più forti, relative ai cibi transgenici, Leonardo Santi ricorda che “In Italia non esiste un'autorizzazione a produrre cibi transgenici”.

Sommario del n. 6/2000


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