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Brevetto NOVARTIS
Cellule transgeniche umane


Basilea, 17 maggio 

L'Ufficio Europeo Brevetti (EPO) ha accordato alla Novartis un brevetto relativo a cellule transgeniche umane volte a diminuire il rischio di rigetto di organi destinati ai trapianti. 

La concessione del brevetto, che risale al 3 maggio scorso, è stata rivelata da ''Kassensturz'', la trasmissione per i consumatori della televisione svizzera tedesca.
Nel confermare la notizia, il capo della ricerca farmaceutica della Novartis Paul Herrling ha spiegato oggi all'agenzia di stampa svizzera Ats che gli organi 'trattati' con le cellule in questione sono più facilmente trapiantabili. 

La multinazionale ha voluto, da una parte, battere sul tempo i concorrenti, impedendo che la ricerca a Basilea fosse bloccata da brevetti in mano a terzi e, dall'altra, intende recuperare i soldi spesi nei laboratori grazie alle entrate da eventuali prodotti o licenze, ha aggiunto Herrling.
A suo avviso non è ancora possibile avanzare una stima di questi introiti, ma è chiaro che l'intero settore dei trapianti è da considerare redditizio.
Novartis, ricorda l'Ats, si è già assicurata decine di brevetti nei campi degli xenotrapianti e della terapia genica. 

Stando a Paul Herrling, capo della ricerca farmaceutica della Novartis, il brevetto protegge l'intero procedimento, quindi anche l'organo, una volta che questo è modificato: nella nuova forma questo infatti in natura non esiste. 
Concretamente, l'organo viene dapprima prelevato dal donatore; poi viene iniettata una sostanza che provoca una mutazione genetica; infine viene inserito nel paziente. 

Il processo su cui si basa il brevetto è stato scoperto nell'ambito della ricerca per gli xenotrapinati (organi animali destinati all'uomo).
Secondo Herrling il procedimento è applicabile anche ai trapianti di tessuti (allotrapianti): evita infatti una distruttiva infiammazione dei vasi sanguigni.
Sempre secondo il dirigente della società basilese, il numero degli organi a disposizione per i trapianti è limitato anche perché oggi i fenomeni di rigetto sono contrastati da farmaci che hanno effetto solo per 5-10 anni: dopo di che subentra un rigetto cronico e i medici sono costretti a cercare un nuovo donatore.

(Adnkronos Salute)

Sommario n.5/2000


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