Psicologia
e Psicopatologia dello Sport
di Giuseppe Calderaro (*)
Alcuni interrogativi
1) cos’è lo sport?
2) qual è il compito della psicologia dello sport?
3) quali interventi preventivi, anti-stress e psicoterapeutici nella
psicopatologia dello sport?
4) è possibile una teoria psicanalitica dello sport?
Per rispondere alla prima domanda, devo dire che lo sport è
considerato da tempo fonte di salute mentale e fisica, come sembra confermare
l’abusato detto latino: mens sana in corpore sano che ripete, ma decapitato,
l’aforisma di Giovenale (X Satira). Nella realtà non è sempre
così.
Per gli argomenti da trattare sulla psicopatologia dello sport e da
sport, è utile quindi rievocare l’aforisma, ma pensandolo nella
sua integrità ammonitrice: orandum est ut sit mens sana in corpore
sano!
Lo sport nelle sue varie discipline e specialità (di forza,
resistenza e destrezza) può avere:
- fini ricreativi (distrae e diverte);
- fini educativi (favorisce il movimento e la psicomotricità);
- fini agonistici (competizioni individuali e di squadra);
- fini professionistici (nel calcio, basket, pugilato, sport motoristici,
ecc.)
Lo sport non è quindi l’attività di educazione fisica
scolastica o di palestra, comunque utile per un potenziamento fisico o
per un recupero riabilitativo, attraverso ripetuti e noiosi esercizi, intesi
ad ottenere una maggiore tonicità ed elasticità muscolare
e una migliore mobilità osteo articolare.
Secondo Adriano Ossicini, medico e psicologo, lo sport è una
forma di gioco utile per tutti e da praticare, ma anche divertente da vedere.
Inoltre lo sport offre, è noto, la possibilità, per spettatori
e tifosi, di proiettarsi ed identificarsi nei giocatori in campo. Infatti,
Ossicini ama spesso ricordare come già da bambino, in compagnia
del proprio padre, si recava allo stadio per assistere alle partite di
calcio e per fare anche il tifo ed applaudire la loro squadra.
Il compito
della psicologia nello sport
Dopo le Olimpiadi di Roma del 1960, la Psicologia
ha iniziato in Italia ad interessarsi al mondo dello sport, nel tentativo
di contribuire a salvaguardare il benessere psico fisico dell’atleta e
al tempo stesso, di introdurre eventuali miglioramenti nella preparazione
e nella prestazione sportiva. All’inizio il principale oggetto del suo
interesse ed intervento è stato nei confronti dell’atleta di alto
livello, in quanto portatore nel gesto atletico di tutto se stesso: motivazioni,
attitudini, abilità e capacità tecnica, ma anche portatore
di eventuali sue insicurezze, conflitti e paure.
Se l’atleta viene visto con un’ottica giusta ed umana e quindi con
i suoi affetti, emozioni e sentimenti, di conseguenza divengono più
chiari sia il compito della psicologia dello sport che l’intervento dello
psicologo dello sport. Lo psicologo che può essere anche un medico
esperto in psicosomatica e psicologia dello sport, è un professionista
che sulla base di una specifica preparazione e competenza scientifica applica,
nel mondo dello sport, le conoscenze della psicologia generale e della
psicologia clinica.
Il suo impegno può trovare la massima espressione nel lavoro
di équipe: infatti lo psicologo può collaborare col medico
della squadra o della società sportiva, con l’allenatore e con l’atleta,
aiutandolo anche a chiarire, se richiesto, eventuali aspetti conflittuali
intra personali o inter personali con altri atleti, con tecnici e dirigenti
sportivi e con i propri familiari.
La Psicologia dello sport come disciplina ormai affermata, trova pertanto
spazi e relazioni dottrinali con la pratica sportiva, cercando di dare
anche delle risposte ed indicazioni alle richieste, ad esempio per la prevenzione
del doping ed uso di droghe e della aggressività e della violenza
negli stadi.
La psicologia dello sport, allo stato attuale, può svolgere
il suo compito in tre direzioni:
1) indirizzo sperimentale;
2) indirizzo applicativo;
3) indirizzo didattico
Psico patologia dello sport
Nel trattato di psicologia dello sport, di Antonelli,
psichiatra, e di Salvini, sociologo, si trova lo schema che elenca le patologie
specifiche e aspecifiche dello sport.
Fra quelle aspecifiche è compresa anche la tendenza agli infortuni
sportivi, evidenziabile con il test di Antonelli-Donadio e di Banati-Fischer.
Alle psicopatologie specifiche classiche si devono aggiungere alcune
nuove forme osservate da medici e psicologi, descritte e pubblicate sia
sulla Rivista Internazionale sia su quella italiana “Movimento”.
Per quanto mi riguarda anche di recente, nel 1998, è stato pubblicato
un mio contributo che tratta della Vescica inibita ai controlli doping,
un disturbo non infrequente che provoca disagio ad alcune atlete ed atleti
e spesso lunghe attese per i medici ispettori, designati a questi particolari
compiti e funzioni.
J.R. Marshall, docente di psichiatria dell’Università del Wisconsin,
nel suo libro La paura degli altri attribuisce la comparsa dei sintomi
della vescica inibita ad una forma di fobia sociale caratterizzata da ansia
situazionale in presenza di estranei o se osservati da qualcuno. Le norme
dei controlli anti doping prescrivono infatti la presenza e l’osservazione
diretta dell’atto fisiologico da parte del medico ispettore. Nell’ambito
delle psicopatologie specifiche è stata molto studiata l’ansia pre
agonistica. Più di recente, un’indagine sui fattori di stress da
me svolta, nel tennis e nella pallacanestro (basket), ha evidenziato la
presenza di un’ansia da stress più estesa e prevalente, forse più
insidiosa e patogena, in quanto nell’ambiente sportivo può coinvolgere
ed influenzare reciprocamente oltre che gli atleti anche i tecnici e quanti
operano nel campo dello sport (giudici, arbitri, ecc.). Lo stress, se eccessivo
e non riconosciuto e controllato, può produrre anche nello sport
fastidiosi disturbi psico somatici, comportamentali e psico patologici.
L’ansia può essere causata dallo stress, ma può anche essere
una modalità di risposta insita nella personalità dello sportivo
e dell’atleta. Per quanto attiene allo sport un minimo di stress fisico
e psico emotivo è comunque sempre presente nelle situazioni agonistiche
e di impegno; lo sport, che a livello amatoriale svolge funzione di valvola
di scarico di eventuali tensioni, tanto da essere consigliato anche dai
medici come prevenzione e terapia (sport-terapia), a livello competitivo
elevato può diventare esso stesso occasione di frustrazione e di
minaccia. Con il clima di gara l’atleta, generalmente, migliora in efficienza
nelle sue prestazioni e nella ricerca dei records, però sotto stress
o in caso di distress possono accentuarsi in lui le reazioni muscolari
e viscerali e può quindi disorganizzarsi nella coordinazione, presentando
così stereotipie gestuali ed imprecisioni nelle azioni tecniche.
Vi possono essere infine atleti con la soglia bassa per lo stress e la
frustrazione. Generalmente sono soggetti più fragili dal lato psico
emotivo, candidati a forme anche psicopatologiche e sui quali è
difficile fare affidamento in occasione di allenamenti impegnativi e di
appuntamenti agonistici stressanti.
Psicanalisi e sport
Non sono mancate finora alcune relazioni ed interpretazioni
psicanalitiche da parte di esperti (Carotenuto, Ancona ed altri psicanalisti),
in particolare alcune sul gioco del calcio o del basket, a proposito delle
azioni offensive o difensive, con il pallone, da parte dei giocatori di
una squadra all’attacco nel campo avversario (diviso invece da una rete,
ma violabile da una palla, nel tennis) o del fare goal o canestro.
Inoltre non sono mancati studi e suggerimenti anche per quanto
riguarda il doping, l’uso di droghe e per un problema anch’esso non ancora
risolto, quello del tifo disturbante e violento da parte di minoranze e
degli ultras negli stadi di calcio.
G. Lodetto e C. Ravasini, dell’Istituto di Psicologia, Facoltà
Medica dell’Università degli studi di Milano, sono stati promotori
nel ‘94 della costituzione di una Associazione internazionale di psicologia
e psicanalisi dello sport (AIPPS), in occasione di un Convegno da loro
organizzato sul tema Sport ed educazione giovanile. In quell’occasione
sono stati anche relatori di una ricerca svolta fra i giovani praticanti
la scherma. In una griglia di lavoro, da loro ideata hanno preso
nota, da competenti nella disciplina, dei gesti atletico tecnici (assalto,
finte, difesa) ritenuti difettosi e li hanno così correlati e riferiti
ad una serie di meccanismi psicologici di difesa, secondo la teoria di
Anna Freud.
Questo tipo di osservazione diagnostica, secondo gli Autori, dovrebbe
consentire, anche in altre discipline sportive, di intervenire per poter
ottenere sia risultati psico terapeutici sia miglioramenti nelle azioni
tecnico sportive. In una relazione che è seguita sulle Caratteristiche
epistemologiche delle ricerche sugli aspetti psicanalitici, A. Civita,
ricercatore del dipartimento di filosofia dell’Università di Milano,
ha commentato in modo critico siffatte ricerche che, a suo parere, andrebbero
perfezionate con una scelta di campo tra la psicologia sperimentale e la
psicanalisi, reinterpretando i meccanismi di difesa in una chiave concettuale
diversa da quella psicanalitica, per esempio in quella cognitivista, comportamentista
o fenomenologica. Secondo Civita il campione sportivo è da assimilare
ai grandi artisti, poeti, ai musicisti; quindi la nevrosi, nello sport
come nell’arte, sarebbe un ingrediente indispensabile. Egli si chiede:
a cosa serve la psicologia dello sport? A creare dei campioni o a curare
le nevrosi degli atleti? ed aggiunge: non sono in grado di fornire una
risposta, ma sono sicuro che in molti casi questi due obiettivi non coincidono
affatto perché spesso la nevrosi, egli dice, è lo stimolo
più potente e prezioso verso l’affermazione di sé anche nello
sport! Quando la nevrosi per l’atleta, naturalmente entro certi limiti
sopportabili, potrebbe essere di aiuto e di efficace stimolo. D’altra parte,
ha ricordato di recente G. F. Tedeschi, la nevrosi rappresenta un diamante,
quindi una cosa preziosa anche per il paziente in psicoterapia che non
sa d’avere e di possedere.
Per realizzare un’autentica teoria psicanalitica dello sport, secondo
A. Civita, è necessaria un’osservazione diretta, ma seguendo le
tre condizioni indicate da Freud e da Winnicot: osservazione fluttuante,
aspetti transferali e contro transferali, non avere sin dall’inizio interessi
osservativi e conoscitivi prefissati. Pertanto, in una sua visione romantica
dello sport, Civita preferisce vedere nel grande talento un atleta destinato
ad affermarsi, in ogni caso e nonostante tutto, grazie ad una sistematica
sublimazione della sua pulsione sessuale.
Interventi antistress e psicoterapeutici
Per quanto riguarda gli interventi anti stress, la
mia preferenza va tuttora ad un metodo da me finalizzato per lo sport,
intendo il training autogeno respiratorio che ha come punto di partenza
le tecniche di Schultz e di Jacobson ed utilizza il riflesso incondizionato
del respiro, nella sua fase fisiologica, iniziale del sonno (vedi metodo
R.A.T. di U. Piscicelli utilizzato in medicina psicosomatica).
Nel mio libro del 1978, Il training autogeno non è magia, si
trovano le spiegazioni di questo metodo da me adattato alle esigenze delle
discipline sportive, anche per facilitarne l’apprendimento e quindi un
utile impiego e diffusione nello sport. Le tecniche di rilassamento e di
distensione psico fisica, se ben apprese ed utilizzate, consentono una
ginnastica propriocettiva e ristrutturante intesa a recuperare e perfezionare
lo schema del corpo e l’immagine di sé, una maggiore liberazione
e disponibilità di endorfine utili nello sforzo psico fisico atletico.
Inoltre, è possibile, applicandole in gruppo, realizzare un’esperienza
di coesione assimilativa che può favorire una migliore cooperazione
ed intesa in campo fra i componenti di una squadra sportiva (titolari e
riserve).
Il training autogeno, metodo tuttora valido nella psicoterapia, è
un tema già svolto esaurientemente da Domenico Surianello e Silvia
Goretti in un seminario dell’anno accademico ‘95-’96. Per quanto riguarda
la mia lunga e positiva esperienza nella sua utilizzazione nello sport,
iniziata negli anni ‘70, posso dire che il training autogeno è un
metodo somato-psico-terapeutico ormai consigliato ed applicato anche da
alcuni medici dello sport e Antonio Dal Monte, nel suo libro Fisiologia
dello sport lo propone tra le tecniche di allenamento per atleti e sportivi.
Nello sport è possibile e consigliabile adottare un metodo eclettico
secondo quanto suggerisce la teoria e la prassi della psicosintesi di Assagioli.
Infatti, insieme al training autogeno si possono utilizzare altre tecniche
collaudate di intervento terapeutico in relazione anche all’urgenza e all’emergenza,
alla competenza e all’esperienza dello psicoterapeuta. Infatti, secondo
i casi e le situazioni possono essere di aiuto: tecniche etero indotte
(ipnosi) e della Gestalt (la famosa sedia che scotta), alcune tecniche
cognitivo comportamentali ed altre di psicoterapia breve, la desensibilizzazione
in rilassamento da situazioni ansiogene o stressanti, la P.N.L. (programmazione
neuro linguistica), la bio energetica, la musicoterapia in rilassamento,
il bio feedback, lo joga.
Aspetti igienici e mentali dello sport
I colleghi, Callieri e Frighi, nostri maestri di
pensiero, per usare una definizione condivisa e cara all’amico e studioso
Matteo Musacchio, hanno acquisito altri meriti, fra l’altro, anche nello
sport per averne sintetizzato in sette punti, tuttora validi, gli aspetti
igienici e mentali (v. Psicologia dello sport di Antonelli e Salvini):
1) maggiore capacità a tollerare gli insuccessi;
2) possibilità di esprimere, dominare e controllare la propria
aggressività;
3) acquisizione di una sicurezza di sé, attraverso la partecipazione
alla vita di gruppo;
4) maggiore identificazione di sé attraverso l’acquisizione
di ruoli determinati;
5) senso di partecipazione sociale, derivante dall’accettazione di
categorie di comuni valori;
6) compensazione di sentimenti di inferiorità e maggiore aderenza
alla realtà attraverso gli effetti concreti derivanti dall’osservanza
delle regole di gioco;
7) giustificazione, socialmente approvata, di certi bisogni esibizionistici.
Anche Alfred Adler, padre della psicologia individuale, era convinto
che il gioco e le attività ludico sportive potessero aiutare ad
eliminare alcuni complessi di inferiorità.
Lo psicanalista Leonardo Ancona, fra l’altro appassionato di canottaggio,
si è interessato in particolare alla psicodinamica dell’agonismo
ed ai fattori psicodinamici dell’aggressività.
C.L. Cazzullo, già Presidente della Società italiana
di Psichiatria, nel ricordare Groddeck: l’Io nasce come Io corporale, precisa
che lo sport, fin dal suo inizio, è arricchito da fattori psicologici
che, attraverso la esecutività dei movimenti rivelano due aree di
pari valore: la struttura della personalità e la disponibilità
ideo emotiva del soggetto.
In ogni caso, egli ricorda che Sherington, premio Nobel, nella sua
opera L’attività integrata del sistema nervoso centrale ha indicato
nell’emozione un punto di incontro fra fisiologia e psicologia. Inoltre
Cazzullo dice di preferire alla dizione psicologia dello sport quella di
neuro-psico-fisiologia dello sport o in alternativa, come mi proponeva
in una sua lettera del 1979, quella di psico somatica dello sport.
La psico-neuro-fisiologia certamente e in grado oggi di spiegare come
le attività del corpo e il controllo motorio interessino l’attività
del sistema nervoso cerebrale.
A determinati livelli di prestazione, come quelli sportivi, è
pertanto quasi impossibile fare una distinzione tra corpo (moto) e mente
(intelligenza). Si può ben dire che in alcuni sport, in particolare
in quelli di destrezza, si pensa anche con i muscoli!
Infatti, una serie di fenomeni agonistici e sportivi non sono solo
nel dominio dell’attività cinetico articolare e muscolare, ma sono
legati e dipendono in prevalenza all’attività del sistema nervoso
centrale.
Conclusione
Per concludere, a parte la rispettabile opinione
di Civita nei confronti dei talenti e dei campioni sportivi, io penso che
la Psicologia dello sport, in effetti, ha privilegiato sinora gli atleti
di alto livello. Pertanto, nel progetto da attuare di uno sport per tutti,
lo psicologo dello sport, a mio parere, potrà e dovrà trovare
nuovi e più ampi spazi operativi ed avere un ruolo ed un compito
educativo importante, di prevenzione e riabilitazione, da svolgere insieme
ad altre figure professionali (medici. sociologi, ecc.) a favore della
società dei cittadini e anche dei disabili, alcuni dei quali (v.
Para-Olimpiadi) già trovano nello sport una grande occasione di
impegno, di auto affermazione e di successi agonistici.
(*)Medico e Psicologo dello sport
Socio ASMI
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