Testata

 

Mettiamo a fuoco

di Carlo Vetere

Anziani e giovani spesso chiamati in causa come responsabili
Per la prevenzione degli INCIDENTI STRADALI 
controlli sanitari periodici e sane abitudini di vita 
 

Anziani alla guida
Rischio  demenza-Alzheimer

L’aumento della popolazione anziana attiva costituisce una delle caratteristiche socio demografiche attuali forse più importanti rispetto al prolungamento della vita media. Non solo, ma la Gerontologia accusa di “ageismo” coloro che propongono limitazioni alle possibilità di accesso dell’anziano a tutte le attività. Per ageismo si intende l’accettazione della tesi di un declino costante sia delle capacità cognitive sia delle abilità, dei riflessi e delle reazioni nonché come corollario la limitazione dell’erogazione di prestazioni ad alto costo ed a ridotta disponibilità a favore delle fasce di età produttive.
E’ indubbio che il poter continuare a guidare un automezzo rappresenta una base per i prolungamenti od inserimenti di attività produttive, ma anche di momenti ricreativi ed educativi e non  c’è bisogno di ricerche sociologiche per collegare queste attività con la cosiddetta “anzianità con successo”.
Dal punto di vista statistico dopo i 70 anni, secondo dati americani, aumenta la frequenza di scontri per miglia di guida rispetto agli automobilisti di mezza età.
Va sempre considerato il chilometraggio in quanto molti automobilisti anziani limitano spontaneamente le percorrenze sia per ridotto volume di affari e quindi di spostamenti, sia per la percezione di un inizio di difficoltà nei riflessi di guida.
Comunque questo aumento di scontri viene attribuito alla riduzione delle capacità di guida ed alla presenza di condizioni morbose: la demenza viene in primis e non mancano indagini che dimostrano come anziani anche con forme iniziali di demenza senile abbiano un numero di incidenti superiori rispetto a quelli di coetanei con conservazione di buone capacità cognitive.
Una legge californiana (adottata da pochi altri Stati) impone al medico che abbia in cura un paziente demente di notificarlo al locale Dipartimento di sanità; quest’ultimo, dopo controlli formali, trasmette la denuncia alla Motorizzazione civile che allorquando la demenza viene classificata come “media” e “avanzata” revoca senz’altro la patente, mentre quando l’aggettivo è “lieve” convoca l’anziano per sottoporlo ad un esame di guida.
Per poter constatare fino a che punto le varie forme di demenza Alzheimer incidessero sulla infortunistica stradale è stata condotta da una parte di specialisti di un Centro Alzheimer una ricerca retrospettiva su 58 anziani non dementi e 63 affetti da forme molti lievi e lievi di demenza. 
Per la classificazione si è utilizzata la Scala delle Demenze Cliniche (CDR) che per le forme molto lievi assegna punteggi di 0,5 e per quelle lievi di 1. Ci si è basati sui dati degli incidenti stradali degli ultimi cinque anni, e nel contempo si è fornito un diario sul quale indicare sia il numero di Km percorsi ogni giorno sia eventuali piccoli incidenti e difficoltà incontrate. L’età media dei partecipanti era di 77 anni e le differenze fra dementi lievi, dementi molti lievi e non dementi sono state minime (sempre rapportate al chilometraggio). 
Tuttavia analizzando le caratteristiche degli incidenti si nota in quelli che hanno coinvolto dementi una frequenza maggiore di colpa del guidatore (svolta a sinistra, non rispetto del Codice), nonché una gravità di lesioni superiore alla media. Ma in totale ben l’80% degli automobilisti con gradi lievi di demenza non aveva avuto incidenti registrati negli ultimi cinque anni per cui non sarebbe legittimo sospendere la patente solo sulla base di una diagnosi clinica.
Rimane però il problema per il medico e soprattutto per il geriatra, allorquando visitando un paziente con varie forme di  demenza ritiene che le capacità di guida siano ridotte; cerca di far comprendere al paziente ed ai suoi familiari l’opportunità che il paziente non si metta più volontariamente al volante, ma incontra la resistenza dell’interessato e dei suoi familiari. Sente la responsabilità a fronte delle vittime di possibili incidenti del traffico provocati dalla riduzione delle  capacità di guida del paziente, ma si ferma di fronte al rispetto del segreto professionale. 
Diverso, naturalmente, è il caso del medico di famiglia italiano (ma anche di altri Paesi) che attesta pubblicamente l’assenza di alcune condizioni morbose. 
Un’indagine condotta fra 467 geriatri residenti in diversi Stati USA ha dimostrato la generale ignoranza della normativa anche negli Stati nei quali, come in California, è in vigore da un decennio. Prevale comunque il senso di responsabilità nei confronti della prevenzione degli incidenti  da traffico, per cui in oltre l’80% dei casi si sarebbe attivato un contatto con le autorità anche quando paziente e familiari si oppongono. Dal punto di vista pratico, sempre nella situazione di un rifiuto del paziente e di una carenza legislativa, il medico potrebbe raccomandare di mettere accanto all’anziano un familiare/amico competente e segnalare che, avendo registrato le condizioni di insicurezza nella guida sulla propria cartella clinica, in caso di incidente l’assicurazione potrebbe rifiutare di pagare. Un’altra soluzione basata sul convincimento ad abbandonare il volante, è quella di proporre una visita ad uno dei tanti locali dove vi sono giochi elettronici con simulatori di guida anche non veloce e far realizzare la percentuale elevata di errori. Al riguardo sarebbe opportuno che alcuni di questi simulatori fossero impostati su velocità medie e su situazioni di rispetto o non rispetto del Codice piuttosto che su abilità da Formula 1.
 
 

Giovani alla guida
Attenti a cannabis e alcool



I prodotti della Cannabis (marijuana, hashish) sono quanto mai diffusi specie fra le fasce giovanili, e gli alcaloidi della cannabis sono, dopo l’alcol, le sostanze più frequentemente individuate nel sangue di automobilisti coinvolti in incidenti. Recentemente l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha convocato un gruppo di esperti i quali hanno stabilito che esistono prove sufficienti sia sperimentali sia epidemiologiche che i rischi di scontri aumentano quando si guida sotto l’effetto della cannabis. Tuttavia si obietta che queste ricerche non  hanno stabilito un rapporto diretto causa/effetto analogo, ad esempio, a quello fra alcol e guida.
Dal punto di vista farmacologico gli effetti acuti dei prodotti della cannabis consistono in euforia, relax, aumento della socialità, incremento delle percezioni sensoriali e dell’appetito. Gli effetti a breve termine riguardano un’alterazione della memoria e della performance in diversi atti quali il coordinamento motorio e la stessa capacità di scrivere a mano.
I test sul rapporto capacità motorie/livelli di Tetra idrocannabinolo (THC) nel plasma sono poco consistenti a causa della breve emivita dell’alcaloide. Studi su volontari fumatori di marijuana sottoposti a simulazioni di guida hanno confermato l’effetto sinergico del consumo di alcol e del fumo di spinelli. In realtà mentre l’alcol da solo provoca la tendenza ad aumentare la velocità, nel caso del fumo senza bevute si ha la tendenza a non impegnarsi in sorpassi e, soprattutto si evidenzia un rallentamento dei riflessi. A differenza dell’alcol, tuttavia, la marijuana, ha una durata breve di effetti per cui nella guida per lunghe percorrenze non dovrebbe essere pericolosa che nella fase iniziale. 
Un effetto ben noto dei cannabinoidi è quello di ridurre il campo visivo con i conseguenti rischi di mancata percezione di altre auto in fase di sorpasso. Va però rilevato come il fumatore di marijuana è cosciente di tali limitazioni e pertanto in genere supplisce ruotando il collo e rallentando, mentre chi guida sotto l’effetto dell’alcol sottostima la riduzione  del campo visivo e tende alla guida spericolata.
Allora, fumate pure prima di mettervi in viaggio, basta che non beviate! 
Attenzione a trarre conclusioni affrettate; bisogna puntare su ricerche caso-controllo rese però difficili dal fatto che mentre per i consumi alcolici è semplice ottenere la determinazione dell’alcol nell’aria espirata sia negli automobilisti coinvolti nell’incidente e nei controlli dei non coinvolti, nel caso della cannabis in teoria si possono misurare i livelli nella saliva; ma, a parte la necessità di ottenere il consenso informato da parte dei controllati, nelle ghiandole salivari il THC può concentrarsi indipendentemente dai suoi livelli in circolo. 
Non mancano ricerche che hanno cercato di superare questi ostacoli limitando le determinazioni del THC a quei guidatori coinvolti in incidenti con attribuzione di colpa ed utilizzando, per confronto, la saliva di automobilisti ai quali è stata riconosciuta la non colpevolezza.
In queste analisi le oddss ratio per la differenza colpevole non colpevole legate al consumo di cannabis sono state “discretamente” elevate (2,1), meno però rispetto a quelle dell’alcol consumato senza fumo di cannabis (5,4), non essendovi alcuna differenza fra guidatori drug-free nel confronto colpevoli/non colpevoli. E’ pacifico che l’associazione alcol/cannabis comporti rischi superiori a quelli prevedibili dalla semplice sommatoria e che quindi sia ipotizzabile un effetto sinergico. 
L’uso isolato di cannabis non è collegato con un aumento di incidenti nei quali chi guida viene ritenuto colpevole dello scontro, probabilmente a causa dell’adozione di misure di compensazione specie da parte dei consumatori cronici.
Allora cosa deve fare il medico? Sulla base dei dati disponibili dovrebbe avvertire i giovani, che più o meno spavaldamente affermano di fumare marijuana, che subito dopo la canna, la loro capacità di guida risulta ridotta specie dal punto di vista del campo visivo. 
Un discorso diverso vale per i pazienti che dichiarano di aver consumato hashish a forti dosi a scopo afrodisiaco: vi sono infatti lavoratrici del sesso che lo offrono a clienti non occasionali. In questi casi gli effetti sulla capacità di guida sono molto rilevanti e notazioni, sia pure aneddotiche, collegano punti di maggiori incidenti con la vicinanza a postazioni di offerta del sesso a pagamento.
Il medico riceve spesso informazioni superficiali dalla lettura delle rubriche di novità scientifiche dei periodi di maggiore diffusione: una fresca fresca, che potrebbe venir esposta superficialmente, deriva da NATURE del 2 marzo: esiste un modello animale di encefalomielite allergica recidivante che viene considerato come fonte di ricerche sperimentali sulla sclerosi multipla. Questi topini sono sensibilizzati nei confronti degli antigeni della mielina e su induzione antigenica sviluppano spasticità e tremori. Nell’organismo animale esistono recettori dei cannabinoidi e l’impiego di un antagonista del THC migliora la spasticità ed i tremori nei ceppi murini, mentre l’impiego di antagonisti accentua la sintomatologia. Queste ricerche possono portare all’individuazione di un principio attivo derivante dall’insieme complesso dei cannabinoidi e quindi alla sua sperimentazione sotto forma di composto per os o per via parentale ma non certo a sostenere l’indicazione alternativa di fumare marijuana come cura sintomatica di una patologia a così complesso insieme di fattori flogistici ed auto immunitari come la Sclerosi Multipla.

Riferimenti
- Carr DB, Duchek J., Morris JC: Characteristics of Motor Vehicle Crashes of Drivers with Dementia of the Alzheimer Type. J. American, Geriatric Soc. 48:18-22 2000
- Cable G., Reisner M., Gerges S. et al.: Knowledge, Attitudes and Practices of Geriatricians Regarding Patients with Dementia Who are potentially dangerous Automobile Drivers: a National Survey. J. American Ger. Soc. 48: 14-17 2000
- Bates MN, Blakely T.: Role of Cannabis in Motor Vehicle Crashes. Epidemiol. Rewiew 21: 222-232, 1999
- Baker D., Pryce G., Croxford HL et al.: Cannabinoids control spasticity and tremor in a multiple sclerosis model. Nature 404: 84-87, 2000.

Sommario n.3/2000


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