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Il Nuovo Odontoiatra
 
 

Il rapporto medico-paziente

di Antonio Sanna(*)


Negli ultimi anni nel nostro Paese si è registrata un’importante crescita della consapevolezza dei diritti di cittadinanza che si è affermata in tutti i settori del rapporto tra i cittadini, Pubblica amministrazione ed istituzioni. Anche sul fronte delicato della sanità si è imposta l’esigenza di un diverso e migliore rapporto tra medico e paziente. Sulla figura del medico si centrava ogni processo decisionale determinante il corso degli eventi. La rivendicazione per una migliore informazione e per un maggior rispetto nei confronti del malato è stata finalmente riconosciuta. Oggi il Paziente da destinatario di decisioni altrui diventa protagonista della propria salute. Anche da parte dei pazienti è diventata più forte l’esigenza di chiedere informazioni sulle malattie e sulle modalità della terapia. Anche l’odontostomatologia non sfugge a questa nuova esigenza. Oggi è cambiato il dentista ed è cambiato il paziente! L’odontoiatria in questi anni ha fatto passi da gigante grazie ai mezzi diagnostici più sofisticati, ai nuovi materiali, alle tecniche più avanzate diventando da ultima ruota del carro della medicina, una delle branche più complesse della stessa. Il paziente più informato è divenuto più esigente; va dal dentista non solo per motivi patologici funzionali, ma anche estetici. Una bella bocca, un bel sorriso è un ottimo biglietto da visita nella vita di relazione, ed è meno disponibile ad accettare margini di insuccesso. Contemporaneamente aumenta notevolmente il contenzioso medico legale sia per la mancanza di un corretto consenso informato che per le nuove norme sull’esercizio della professione che complicano l’attività del dentista. I progressi diagnostici, la maggiore competenza scientifica, incrementano la fiducia nei confronti del medico. Il paziente vuole conoscere il senso della sua malattia e delle cure che gli vengono imposte.
L’informazione deve riguardare una breve descrizione della metodica e delle eventuali alternative terapeutiche, le sue finalità, le possibilità di successo, i rischi, gli effetti collaterali. Scopo: non quello di colmare le eventuali conoscenze tecniche tra medico e paziente quanto quello di trasmettere le informazioni sulla materia per formarsi un bagaglio culturale tale da poter esercitare i suoi diritti e saper scegliere le diverse opportunità di cura. Tale consenso si sta imponendo nella nostra società mentre sta tramontando il paternalismo medico in cui il sanitario si sentiva legittimato ad ignorare le scelte del paziente ed a non rispettarle se in contrasto con le proprie.
La fiducia nei confronti del medico è premessa indispensabile perché il lavoro venga svolto in clima sereno. Sotto il profilo giuridico, il consenso informato conferisce all’atto medico legittimazione deontologica ed eticità, ovvero un atto di volontà del malato ad essere adeguatamente informato. Non può essere delegato ad altri e deve comprendere l’informazione libera di decidere e la capacità decisionale.
Quindi non può affidarsi completamente e ciecamente alle cure decise dal medico - non più soddisfatto di una spiegazione frettolosa, il paziente rivendica più attenzione ad esprimere i suoi dubbi. Non tutti i medici sono in grado di saper comunicare con il malato. Saper comunicare non è una dote comune a tutti. Al medico si chiede:
1) Più comunicativa: il paziente deve essere informato sulle varie fasi del trattamento, che si presenta più lungo ed elaborato rispetto a quello convenzionale, sui benefici, i costi e gli eventuali rischi correlati a questo tipo di terapia. E’ di fondamentale importanza, inoltre, rendere edotto il paziente che una scrupolosa igiene risulta necessaria.
2) Farsi capire ed ascoltare di più.
3) Più attenzione al fattore umano.
4) Più tempo da dedicare al paziente - non dare spiegazioni frettolose.
5) Chiarezza sulla diagnosi: è l’atto più qualificante del medico. Qualsiasi terapia che non scaturisca da una precisa diagnosi è perdente.
Non è possibile fare con le mani ciò che non è programmato dai neuroni. Rappresenta il 75% del successo e della prevenzione della SINDROME DA RISARCIMENTO. Il medico deve avere una visione globale del malato e conoscere le più recenti opportunità offerte dalla scienza.
6) Ottimismo sulla prognosi: il medico deve informare il paziente sulle varie fasi del trattamento, su eventuali rischi in modo esplicito e consapevole, sui benefici, danno biologico e tipo di gravità.
7) Conoscere i propri limiti: dopo aver fatto la diagnosi, formulato il piano di trattamento e la prognosi, il medico deve chiedere a se stesso: “Sono in grado di approntare il viaggio terapeutico? Conosco tutte le incognite e le incertezze del viaggio?”. “Le malattie che devo curare” - “Le malattie che mi faranno lottare “ - “Le malattie che non devo curare”.
Ha un diverso significato l’errore per imperizia, negligenza e imprudenza dal mancato successo per l’imponderabile.
La medicina, purtroppo, non è una scienza esatta (diverso patrimonio genetico, reazioni, strutture anatomiche, aspetto psicologico diverso). Il progresso medico scientifico e le informazioni dei Mass Media fanno crescere le aspettative dei cittadini sempre meno disponibili ad accettare margini di insuccesso terapeutico.
8) Più rispetto del codice deontologico: la deontologia è la scienza del dovere di ciò che deve essere e di ciò che l’individuo è tenuto a fare attraverso i suoi comportamenti nelle relazioni della vita sociale, nel rispetto della personalità umana del malato e dei fini sociali della professione e nel rapporto con i colleghi.

Intervento al Congresso del 1/12/1999 (Hotel Hilton)
Consigliere SIOF-Socio onorario SIDO

Sommario n.3/2000


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