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Documento del Comitato Nazionale per la Bioetica

Orientamenti bioetici per i test genetici

“La possibilità di conoscere la costituzione genetica 
degli esseri umani rappresenta innanzitutto una conquista del sapere 
e quindi un più profondo ‘conosci te stesso’, 
anche prescindendo dalle conseguenze e dai vantaggi pratici
che ne possono derivare.” 
(Giovanni Berlinguer)


Sì ai test genetici, ma con scienza e coscienza. 
Questa è l’indicazione del Comitato Nazionale per la Bioetica proposta nel documento “ Orientamenti bioetica su test genetici” approvato all’unanimità e presentato alla Stampa il 19 gennaio scorso.
I test, secondo il documento del CNB, devono contribuire alla diagnosi di malattia per il miglioramento della salute delle persone affette da una patologia genetica. Devono cioè essere usate per loro e non a fini discriminatori.
Per farlo è necessario garantire la riservatezza dei risultati e, prima di effettuare screening di massa, ne devono essere attentamente valutati costi e benefici.
Per quanto riguarda il rischio di discriminazione, soprattutto se i test genetici vengono utilizzati per l’accesso alle assicurazioni e al lavoro, il CNB raccomanda che “le compagnie al momento si astengano dal prendere in considerazione le informazioni genetiche, in special modo quelle concernenti malattie poligeniche e multifattoriali”. Nel mondo lavorativo, invece, dove il datore di lavoro ha prima di tutto “l’obbligo morale di evitare l’uso di sostanze dannose, per esempio cancerogene” i test devono essere eseguiti tutelandola libertà dei lavoratori “di scegliere di potersi sottoporre o meno al test, e di scegliere un lavoro compatibile, una volta ottenute informazioni complete sull’esposizione potenzialmente cancerogena e sulle limitazioni del test.”
Interessante quanto riportato in merito all’uso dei test in ambito giudiziario.
La conoscenza della eventuale predisposizione genetica ad una malattia deve servire a fornire misure terapeutiche. 
Sulla possibilità di utilizzare le informazioni genetiche sulla predisposizione a condotte devianti la posizione  del Comitato è di valutare queste informazioni in sede processuale “solo ove esse siano pienamente accettate e convalidate dalla comunità scientifica. In tali casi potrebbero consentire la scelta di misure terapeutiche piuttosto che punitive.”
Molto importante, oltre al consenso al test che deve essere libero da condizionamenti esterni  e indipendente da quanto l’individuo vorrà scegliere per sé dopo aver conosciuto il risultato, è anche il diritto di non conoscere l’esito del test
“E’indiscutibile che ogni individuo abbia il diritto di conoscere il proprio genotipo, ma accanto al diritto di sapere – è scritto nel documento – si dovrebbe riconoscere anche il diritto di non sapere, soprattutto in quei casi in cui una conoscenza preventiva della malattia porterebbe soltanto un’anticipazione delle sofferenze, senza concreti vantaggi intermini terapeutici.”
Per quanto riguarda i test sui minori il CNB sottolinea l’importanza del coinvolgimento delle famiglie nel decidere di eseguire il test che dovrebbe essere preceduto da un’opera di consulenza genetica e di formazione sia nei confronti dei genitori sia nei confronti dei minori, in modi adeguati alla loro maturità, aggiungendo che un test genetico sui bambini e sugli adolescenti è giustificato “solo se implica un beneficio medico certo e tempestivo.”

Sommario del n. 2/2000


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