EVOLUZIONE
di Mario Bernardini
C’era una volta....
Con queste parole, prima dell’età scolare, iniziava l’educazione
alla vita delle passate generazioni.
Era la nonna, o la “tata”, o una qualsiasi altra persona compiacente,
che intrattenevano i bambini con il racconto o la lettura di storie, leggende
e favole. Leggevano e parlavano dei fatti del passato, di avvenimenti il
cui ricordo era stato trasformato dal tempo, di desideri segreti di gente
comune, di situazioni lontane dalla realtà quotidiana, sempre, però,
trasmettendo e lasciando un segnale di lealtà, di sacrificio, di
amore, di speranza. Iniziava così la preparazione ad un rapporto
umano di fratellanza, di rispetto reciproco, di esaltazione della responsabilità
e del valore di ogni singolo individuo.
Poi, dal progresso, sono venuti altri validi “aiuti”: la radio, il
telefono, i dischi, la registrazione su nastro, la televisione, i
videoregistratori, il computer, i C-D, il multimediale e Internet.
Il bambino è rimasto meno in famiglia, è passato all’asilo-nido,
alle favole sonore e visive, alle ore passate davanti al televisore, alla
navigazione in internet.
Forse ancora con l’assistenza di “un grande” per “molti bambini” finché,
con la loro “crescita anagrafica”, la responsabilità non è
ricaduta sulla famiglia, la scuola, la società.
Il progresso, con il suo assetto “globalizzante”, ha di fatto lasciato
alla innata discrezionalità di ognuno la scelta degli ascolti, della
visione, della sosta nei “siti” al momento più confacenti al proprio
stato d’animo.
C’è chi può considerare questo risultato come il
trionfo del diritto individuale ed il supremo rispetto della persona. C’è
chi può considerare questo risultato il sopravvento della società
sulla persona. C’è chi può considerare questo risultato il
pedaggio dell’evoluzione della razza umana verso un traguardo non ancora
fissato.
Ognuno valuti e aggiunga le sue impressioni, sensazioni, valutazioni.
Contemporaneamente anche la medicina ed i medici
hanno subito l’evoluzione dei tempi e sono stati in qualche misura compresi
nella “sanità” che ha assunto un significato diverso e forse sconosciuto
soltanto un secolo fa’.
C’erano una volta la salute e la malattia; i rimedi della nonna e la
farmacia; il medico e il farmacista.
La sanità erano Ia “condotta” e i primi “ospedali” (dei pellegrini).
Il progresso ha compiuto passi da gigante e la razza umana ne può
essere fiera e orgogliosa.
Non più diagnosi basate sullo studio dei sintomi, l’uso dei
cinque sensi, la conoscenza appresa dai “maestri” e la competenza costruita
sull’esperienza.
Il laboratorio farmaceutico è passato dall’empirismo dei prodotti
naturali allo studio computerizzato di farmaci che sono il risultato di
complicati equilibri chimico molecolari.
La diagnostica si è arricchita dei più sofisticati mezzi
capaci di penetrare i più reconditi segreti dell’infinitamente piccolo.
Ogni funzione, ogni organo, ogni cellula dell’organismo possono essere
studiati, analizzati, quasi sempre curati.
Si è vicini a poter prevedere “il futuro sanitario” di un essere
quasi ancora non concepito.
Si “aggiustano” e si “cambiano pezzi” del corpo. Si prevede il “trapianto
di corpo” e la “clonazione”.
E il medico?
Il medico ha acquisito competenza e conoscenza. E’ parte essenziale
del “sistema sanitario” e la maggior parte dei medici ne fanno parte o
aspirano a entrarvi.
I medici del S.S.N. rappresentano il tributo della Società
alle sue componenti in caso di bisogno di salute.
Il medico condotto ha ceduto il passo al medico della mutua, al medico
di famiglia, a quello di medicina generale e, tra poco, a quello di cooperativa.
Usa i sistemi multimediali per mantenersi aggiornato; partecipa ai
congressi in videoconferenza; ha lo schedario degli assistiti nel Computer;
naviga in Internet (e può cominciare a temerne la concorrenza).
La Società attraverso le sue componenti sociali esprime un rammarico:
il medico ha perso sensibilità e umanità.
Ma la Società dimentica di essere un’Entità unica, unitaria
e con concezione individualista che pretende e riceve il contributo da
ogni individuo come suo componente, ma che può garantire solo quello
che ritiene compatibile in un quadro di soddisfacimento globale di esigenze
che non tengono conto dei bisogni dei singoli.
Forse, quindi, il rimprovero sarebbe più accettabile se le conquiste
del progresso in sanità fossero in grado di garantire a tutti gli
assistibili , in caso di bisogno, un trapianto di braccia o di cuore;
di essere curati con i più moderni ritrovati per il trattamento
delle malattie rare; di avere certezza che i figli non rischiano
l’infarto a 40 anni.
Fino ad allora, ad un medico che fa parte di un “Servizio” si può
concedere di non essere reperibile la notte e i festivi e di aggregarsi
in “cooperativa di medici” purché un membro della Società
abbia sempre disponibile un medico del S.S.N.
Se poi, nella realtà, il rapporto interpersonale medico-assistito
non vorrà tenerne conto e torneremo alla legendaria figura
del “condotto” che sfidava ogni disagio per arrecare sollievo al “suo malato”
vorrà dire che le favole hanno ancora motivo di essere raccontate. |